Metà novembre '98,


sono partiti dalle Canarie con rotta verso le isole di
CapoVerde, in prossimità (senza toccarle) di queste hanno
deviato facendo rotta su Martinica dove dopo un lunga "discesa in folle"
(così l'hanno definita) dopo circa 19/20 giorni il 4.12.98 hanno toccato
terra a Martinica. Il tutto tranquillamente e senza danni.
Da dicembre '98 ad aprile '99 chi ha potuto hanno girato tantissime isole
Tobago....S.Lucia....Dominica.....S.Martin.
Sintesi: tanta delusione, posti supercommercializzati, tanto caldo ma tutti
i giorni violenti acquazzoni, nei canali fra le isole sempre mare
inca@@ato, costi esagerati (purtroppo per comprare a volte merce
fatta venire dall'europa).
In aprile 98 inizio rientro: S.Martin/Azzorre 19 gg. di bolina, una sola
burrasca che li ributta indietro di circa 100miglia.
Le Azzorre, forse le isole più belle di tutto il viaggio, prati verdi,
clima buono, gente ospitale, turismo accettabile.
Ci prepariamo ed in due andiamo a rimpiazzare due navigatori che sbarcano.
Cinque giorni di galoppata con 40 nodi parte in poppa parte al traverso,
lunghissime planate ad oltre 10nodi percorso circa 900 miglia Lisbona.
Metropoli molto accogliente, relativamente economica, ormeggio nel grande
fiume Tago in pieno centro quasi sotto l'enorme ponte (gemello di quello
americano), poco distanti dalla torre di Belem.
La città è superservita da un ottimo servizio di mezzi pubblici pertanto
il traffico è quasi inesistente, vi sono i vecchi piccoli tram simili a
quelli di
S. Francisco con un solo carrello a quattro ruote al centro della carrozza
il che li fa saltellare continuamente, bella la veduta dal castello di S.
Giorgio,
piazza Geronimo, la torre di Belem, il monumento a Colombo, forti le
escursioni
di marea. Una curiosità il tago è navigabile dall'atlantico fino a Madrid!
Il 27.5.99 partenza da Lisbona rotta verso Gibilterra, alla prossima.


Fine maggio '99, partiamo di buon ora dal tranquillo marina sul Tago nel centro di Lisbona,
passiamo subito sotto la campata del ponte, alta oltre 50 metri incrociando
una nave, sulla sinistra la grande statua simile al Redentore di Rio, subito
dopo sulla destra sfila il bianco monumento a Colombo e dopo di esso la
caratteristica torre di Belem. Ancora poco ed in un ora circa siamo fuori
dal Tago, l'Atlantico ci aspetta e ci accoglie tranquillo. Seguiamo le
indicazioni del portolano e giriamo molto al largo dalla sponda sud del Tago
dove è segnalata e ben visibile una considerevole zona di basso fondale per
lo più sabbioso. alla nostra destra in lontananza Cascais e l'Estoril.
Molto curiose le tante piccole imbarcazioni portoghesi che danno fondo
all'ancora, si allontanano da questa aiutate dalla corrente e poi cominciano
a recuperare la cima dell'ancora a mano tramite una grande ruota fissata al
centro della barca, probabilmente pescano dei mitili o altro.
Dopo qualche ora di navigazione tranquilla, parte a vela parte a motore,
doppiamo il capo di Espichel, passiamo al largo da Setubal e concluse le
nostre 60 miglia circa ci ancoriamo nel tranquillo porticciolo di Sines.
Quest'ultimo piccolo paese ad anfiteatro, nulla di particolare, ottimo
ormeggio, marina recente, tariffa non esagerata pagata alla locale polizia
che ci mette a disposizione buone cartine di previsioni meteo.
Il giorno seguente ci troviamo sotto il transito di un fronte freddo così
decidiamo di fermarci qualche giorno: tiriamo fuori il tender dalla cala
vele, riportiamo i 4 quintali di catena ed ancora dal loro stivaggio in
sentina nei pressi dell'albero al gavone di prua e cogliamo l'occasione per
ridipingere le tacche in corrispondenza dei 5,10,15, metri, ecc.
Ci ritroviamo nuovamente con la prua più bassa di circa 4 dita; la catena e
l'ancora erano state spostate al centro barca per la navigazione in oceano
con prua più leggera con conseguente migliore assetto.
Trascorsa una giornata a Sines occupata tutta a sistemazione, pulizie e
controlli e lavoretti vari, il giorno successivo ripartiamo e con un mare
sul 5/6 navighiamo verso il maestoso cabo s. Vincente che ci accoglie, ci
accompagna per tutto il doppiaggio e ci saluta col suo suono lugubre, credo
si tratti del nautofono.
Prua ad est e dopo ancora poche miglia siamo a Lagos, anche per oggi abbiamo
percorso 75miglia di costa prevalentemente alta ed a picco sull'oceano.
Lagos, bellissimo la costa prima dell'ingresso nel porto canale, è piena di
rocce a forma di grossi funghi (sembra di tufo) fra cui si aprono
piccolissime insenature scavate dall'acqua con piccolissime anse, spiaggette
e calette con acqua cristallina.
Siamo soli a percorrere il canale di accesso che costeggia la ridente
passeggiata della cittadina fino ad ormeggiarci ad un piccolo pontile del
marina (chiuso è domenica).
Cittadina turistica, rifornimento viveri ai supermarket e l'indomani
partenza con rotta verso Albufeira.
Alla prossima, BV Enzo

Lasciamo Lagos di buon ora, tanto umido e come al solito finché il sole non
va a regime non abbiamo un posto asciutto dove sederci, è tutto
"un'acquazza"; siamo ai primi di giugno e con cerate o giacche a vento il
freddo si fa sentire. Come al solito siamo in quattro (comodissimi, la
barca: 4 cabine più che doppie ciascuna con il suo servizio wc e doccia, piu
cabina di prua doppia con altro servizio), al timone generalmente 3turni
e..... mezzo :-( (qualcuno si imbosca).
Quando mi tocca le mie ore di turno le faccio con piacere ma, contrariamente
all'andata, avverto tanto freddo
specialmente nelle andature di bolina, si ghiaccia la fronte, la prossima
volta oltre ai vari copricapo mi equipaggerò con una fascia da sci di pile o
di altro materiale.
Alle nostre spalle pian piano si dissolve la costa di Lagos che nei colori
dell'alba assume i contorni di un paese incantato, mi sembra di essere nella
più bella fiaba, l'acqua che scivola lungo lo scafo ha il suono dei
campanelli del paradiso. (Ma appena si inca@@a è più cattiva dell'........)
Passiamo al largo di Albufeira e per la notte decidiamo di rintanarci a
Faro, grossa avventura, sia la carta nautica che la cartuccia del plotter
non ci forniscono dettagliate notizie, valutiamo bene la costa e i possibili
attracchi e decidiamo di non
inoltrarci troppo nel golfo di Cadice, in modo da poter saltare direttamente
su Cadice città, tentiamo così l'atterraggio.
Abbiamo navigato tutto il giorno lungo una costa sabbiosa con acqua bassa
anche a notevole distanza dal litorale, l'avvicinamento, caratterizzato
dalla vista di una lunghissima lingua di sabbia dove imboccare l'entrata è
una bella scommessa. Ci siamo, entriamo con sospetto in questa grande
laguna, seguiamo il canale segnalato dando la destra alle boe, fondale
bassissimo,
seguiamo il canale per diverse miglia verso est ma non ci convince,
riprendiamo verso ovest cercando la cittadina ma quasi alla fine ci
insabbiamo, dopo un quarto d'ora di manovre varie riusciamo a
disincagliarci, cerchiamo (con circa25nodi di vento) e ci ormeggiamo con
fatica ad un piccolo molo dove vi è
una piccola nave che trasporta sabbia ecc. ma il vento ci spinge malamente
contro il bordo alto di calcestruzzo rendendo l'ormeggio precario e
pericoloso ed alcuni pescatori ci informano che durante la notte, dove ci
siamo fermati, devono attraccare
continuamente le bettoline perciò dobbiamo allontanarci.
Ritorniamo al lato est (10miglia circa avanti e indietro) dovrebbe esserci
un marina si vediamo gli alberi delle barche ma non riusciamo a trovare
l'accesso e siamo di nuovo in sabbia, dopo sapremo che sono entrati con
l'alta marea ed è impossibile
accedere con la bassa marea.
Ci rigiriamo a fatica ma sembra che la sabbia sia aumentata dietro la barca,
proviamo a raggiera finché rigalleggiamo di nuovo.
Infine una pattuglia della guardia marina ci affianca e come al solito:
documenti, chi siete, da dove venite, dove andate????....... alla fine ci
indica l'unica zona dove è possibile ormeggiare:
all'ancora, vicino ad un rimorchiatore inglese in disuso, utilizzato per
diporto.
Sbarchiamo col tender e subito la vista del posto ci ripaga e ci fa
dimenticare tutto
il nervosismo accumulato per il problematico ormeggio. Isole di pura sabbia
con misere ma dignitose abitazioni, senza strade, senza mezzi pubblici,
senza la civiltà, solo poche case poggiate sulla sabbia, tanti fiori, da un
lato la laguna dall'altro l'oceano. Ci fermiamo?????????Varrebbe la pena,
qualche giorno, qualche mese, qualche...........
Mentre cerchiamo un telefono i bimbi del villaggio ci seguono
incuriositi......
Rientro a bordo, il giorno dopo si riparte, prua su Cadice, 85miglia
davanti, vento fresco al traverso sui 25/30nodi, oceano in movimento.
Lasciamo il Portogallo ci aspetta la Spagna, ci risentiamo a Cadice, la
porta dell'atlantico. A vele gonfie ciao Enzo.


Gran bella cavalcata, con buon vento, in dodici ore circa tracciamo la corda
dell'arco di cerchio che divide Faro da Cadice.
Seguendo prima i grattacieli dal largo poi i segnali marini, iniziamo
l'atterraggio verso la grande metropoli percorrendo come d'obbligo un bel
pezzo della baia metropolitana. Due catamarani con quattro ragazzi ci
"abbracciano" passandoci l'uno di prua e l'altro di poppa quando taglamo la
linea virtuale tesa tra le bocche dell'insenatura.
Un bel pò di miglia nel porto ed approdiamo al primo marina segnalato dal
portolano. Una veloce spaghettata e via a piedi (e quanto a piedi) per
raggiungere il centro della città col suo bellissimo castello e bellissimo
lungo atlantico. Una curiosità: lungo la stradina isolata che conduce al
marina "parcheggiate" numerose auto, tutte con solita coppietta all'interno,
ma stranamente tutti intenti ad osservare lo spettacolino del televisorino
portatile applicato al cruscotto della vettura, (spettacolo per niente
piccante o ecc.)!!!! O c'era uno spettacolo particolare quella sera oppure
utilizzano le auto in modo diverso......
Stremati dalla lunghissima passeggiata ma appagati per aver conosciuto una
parte della città (poco per quanto ci sarebbe da vedere), a notte fonda
rientriamo nella nostra piacevole casa galleggiante.
Notte tranquilla, escursione di marea abbastanza consistente, l'indomani
mattina spedizione per acquisto viveri freschi (latte, pane, frutta, ecc.) e
prua verso le Colonne d'Ercole.
Il tempo non ci assiste, è in arrivo una perturbazione, il vento non è
favorevole ma con calma, sereni, avvolti nella tranquillità e mestamente
costeggiamo il castello di Cadice avviandoci verso le nostre acque,
gustandoci le ultime gocce d'oceano e riflettendo sui tre milioni di
assicurazione pagate per essere "protetti" fuori dal Mediterraneo, "stiamo
azzerando così le ultime cinquantamila lire".
Prima di avvistare Capo Trafalgar avvistiamo delle strane barche ormeggiate
con lunghe file di galleggianti e non ci mettiamo molto a capire che sono
delle tonnare, ci costringono a mettere la prua al largo e percorrere sei o
sette miglia in più per aggirare queste scabrose trappole mortali.
Doppiato Cabo Trafalgar, con in tasca altre circa settanta miglia avvistiamo
prima la fascia montuosa dell'Africa, verso cui ci dirigiamo, e
successivamente sistaglia alla nostra sinistra la sagoma bianca del faro di
Tarifa, posto sul piccolo "isolotto" antistante la cittadina (a ridosso di
quest'ultimo sia in uscita che in entrata sono state notate delle barche con
diverse bandiere all'ancora).
Prossimamente l'ingresso in Mediterraneo



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