Primi giorni di giugno '99,
nel tardo pomeriggio di uno dei, con mare
abbastanza tranquillo e tempo abbastanza clemente, iniziamo a costeggiare la
punta sud della Spagna.
Navigare nello stretto di Gibilterra non è molto semplice per diverse
ragioni,
ne elenco qualcuna: il canale è abbastanza largo ma è lungo diverse miglia,
vi è una zona centrale a forma di binario riservata (sulla carta) alla
navigazione sia in entrata che in uscita delle numerose navi che lo
percorrono quasi una dietro all'altra, vi sono traghetti che navigano fra la
Spagna e l'Africa, vi sono numerose navi cisterne in rada o all'ancora
(anche se non proprio nel canale), c'è da stare attenti alle forti correnti
ed ai venti, vi è qualche relitto semisommerso, ecc.....
Noi entriamo costeggiando come detto Tarifa ed è proprio davanti a questo
paese che vediamo in alcuni punti l'acqua muoversi come se fosse in
ebollizione, e per alcuni tratti piccole ondine ripidissime frangersi contro
lo scafo, passiamo poco distanti da un relitto sporgente oltre duo o tre
metri fuori dall'acqua ed assistiamo alla processione di navi in transito;
non rileviamo particolari difficoltà certo le condizioni sono state quasi
ottimali!
Siamo dentro, sembra quasi di avvertire l'odore di casa, e la mente corre
subito alle sensazioni che forse in molti avrete provato: navigare per
lunghi periodi lontano dalla costa ci si disabitua all'odore della terra
così
che man mano che ci si avvicina nuovamente alla costa, già da diverse miglia
spesso, si comincia a riassaporare l'odore caratteristico del terreno, della
macchia mediterranea o, purtroppo, l'olezzo in cui ci avvolge la nostra
civiltà.
Decidiamo di non approdare a Gibilterra per ovvie ragioni e problematiche
affrontate in uscita (colonia inglese, avvicinamento tirar su la bandiera
gialla,
aspettare che la visita a bordo o l'autorizzazione a sbarcare, dogana,
posto, ecc.) peccato sarebbe stato piacevole andare a far visita alle
scimmie che vi dimorano e forse più costruttivo di incontrare burocrati e
norme antiche.
Comunque osservando la rocca (Gibilterra) sfilare alla nostra dritta ci
inoltriamo nel fiordo decidendo di pernottare ad Algeciras situata in fondo
all'insenatura. Dopo un bel po' di miglia e quasi al buio arriviamo nel
porto.
Solite difficoltà, fondale quasi al limite, banchina di transito
inesistente, e
più inca@@ati del solito decidiamo di ormeggiarci ad un grande marina in
costruzione, direttamente ad un pontile in calcestruzzo, stanchi delle
gabelle
di ormeggio (anche se non esagerate come in altri luoghi più familiari).
Sembra facile ormeggiarsi ad un pontile in calcestruzzo in costruzione,
parabordi su tutta la fiancata, ci assicuriamo (per mancanze di bitte o
catene) a dei tombini appena murati ma subito ci rendiamo conto che la marea
e la forza del nostro "guscio" avrebbero in poco tempo distrutto i manufatti
ma non ci diamo per vinti e approntati degli "springs" e "traversini" e
"barbette" di oltre 20metri ciascuno, ci siamo avviluppati, avvolgendoli
completamente, ai pontili (sembrava quasi che volessimo portarli via con
noi!).
Primo problema risolto.
Cerchiamo adesso il solito telefono e negozio per l'approvvigionamento dei
viveri freschi se possibile. Percorriamo con una torcia di bordo tutto il
cantiere,
fra ciottoli, fango, ecc. e con la preoccupazione di incontrare qualche
cane, arriviamo in fondo e ci ritroviamo dietro un cancello chiuso alto
oltre tre metri, privo di appigli, non tanto solido da poterlo scavalcare e
con la polizia
passata due volte in pochi minuti. Costeggiamo la rete e come topi,
aggrappata ad essa (flettente paurosamente), decidiamo di percorrerne una
decina di metri sul baratro di una fogna a cielo aperto per arrivare
all'esterno. Poco ci è mancato che.....meglio non pensarci.
Ecco siamo nella civiltà, come gatti impauriti in mezzo ad un fiume di auto
che sfrecciamo su una grande arteria. Ci dirigiamo verso la città o meglio
dire verso il chiarore delle luci "sui nostri piedi ancora marini" e
percorsi oltre due o tre chilometri
a notte fonda troviamo un telefono funzionante; col solito cerimoniale
ciascuno comunica con casa.
E' il mio turno, nessuno risponde al telefono, potevo starmene a bordo! Non
solo per le acrobazie ma adesso: preoccupazione fino alla prossima
telefonata.
Rientro altrettanto movimentato. All'alba del giorno seguente 60miglia per
Fuengirola.
Fuengirola: mi sfugge qualsiasi ricordo, probabilmente perché non ho toccato
terra, sarò rimasto a bordo per qualche motivo, per qualche lavoro,
per turno di cucina oppure niente mi ha colpito.
Si accelera ancora di più la già veloce andatura di rientro - purtroppo - Vi
chiederete perché? E' semplice: chi ha percorso tutte le tappe comincia a
soffrire per la lontananza da casa, dagli affetti; il mio è un discorso
diverso
cerco di far conciliare la navigazione con il lavoro e purtroppo il tempo
non basta mai poi in barca partenze ed arrivi sono così aleatori (meteo,
mare, vento, ecc.).
Peccato, toccare la costa di sera, mangiare un piatto caldo, fare quattro
passi e spesso ripartire dopo poche ore e pensare fra te e te: Ci tornerò
più in questo posto? Ma il tempo stringe.
Decidiamo di saltare Malaga e dopo circa 60miglia approdiamo per la sera a
Motril, cittadina turistica, quasi identica a Riccione o Cattolica o Rimini.
Poco da dire. Forse è più la costa che ci riserva qualche sorpresa: è
cosparsa di numerosissimi generatori eolici che sembrano dei battaglioni di
soldati schierati, essi seguono i profili dei pendii e delle vallate e si
alternano con chilometri e chilometri di serre, in alcuni punti la costa
esposta al sole risulta tutta ingabbiata al punto tale da sembrare un
paesaggio non terrestre, non si vede il colore del terreno per diverse
miglia.
Ecco da dove arrivano tutti quei prodotti che troviamo nei nostri
supermercati; riepilogo: con la rete di autobus che hanno sviluppato si
vanno a prendere i turisti perfino dal mar del Nord e dalla Russia, li
ospitano a prezzi stracciati in queste megacittà di alberghi alti decine e
decine di piani (Benidorm, Torremolinos, ecc.), con migliaia di mulini a
vento stesi in parata militare si producono milioni di KiloWatts, con le
superserre producono primizie ed altro che troviamo dappertutto, ogni
5miglia vi è un marina superattrezzato, han capito tutto anche se hanno
rovinato parecchie coste.
E noi continuiamo a navigare nel mare di Alboran con la prua verso il
tempestoso cabo de Gata osservando ciò (a Torremolinos vi sono addirittura
alberghi dove attracchi la barca e vai in camera); forse è più bella la
compagnia delle sule o sterne che incontriamo, accompagnati dai numerosi
pesci volanti, rimaniamo estasiati davanti a qualche pesce spada che ci
salta a poca distanza e mesti quando osserviamo in qualche baia un cormorano
che si immerge.
Prossima fermata marina di S.José, attraccati con mezza barca fuori dal
porto e raffiche di vento da paura.
BV Enzo
Ancora 74 miglia alle spalle e siamo al marina di S.Jose, appena doppiato
cabo de Gata, porticciolo piccolissimo, riusciamo a mala pena a ripararci da
una raffica di vento fortissima iniziata appena attraccati e durata per
fortuna solo qualche ora. Siamo ormeggiati male, di prua e con mezza barca
lato poppa quasi fuori dal porto, poiché la nostra barca è spesso la più
grande di quelle che troviamo in giro.
Paesino piccolissimo e supermarket distantino, acceleriamo il rientro per
questioni di lavoro (purtroppo) ed il mattino dopo ci toccano 85miglia e
siamo di nuovo a Cartagena, non è cambiata da
quando circa nove mesi fa l'abbiamo lasciata. Il sommergibile che esce non
lo incrociamo ma quello poggiato sull'acqua in piazza c'è sempre ed anche
l'elegante centro della cittadina ci riabbraccia con piacere.
Si corre, giorno seguente ancora 75 miglia e Alicante ci accoglie per la
notte col suo supermarina attrezzato e vialone turistico piastrellato con
milioni di tessere-mosaico.
Lasciamo di buo ora anche questo approdo ma subito ci rendiamo conto che
la navigazione sarà faticosa, tre possibili mete principali in programma:
Calpe
già vista in andata, una delle Baleari oppure direttamente Cagliari,
quest'ultima con previsione
di diversi giorni continui di navigazione.
Dopo qualche ora che navigliamo con mare contro ci rendiamo conto che non è
il caso di
continuare verso Calpe allora decidiamo di dirigere su Cagliari affrontando
una bolina stretta con mare
5/6 ma anche questa navigazione faticosissima verso sera diventa quasi
impossibile e ci ritroviamo
un pò stanchi, un pò giù di morale, un pò disuniti come equipaggio (siamo in
quattro, non tutti bravi velisti
e per giunta uno si comporta da passeggero taciturno, capita anche questo a
bordo) e ormai ci ritroviamo nuovamente con la prua verso l'Africa non molto
distante.
A notte fonda si decide di dare motore e dirigersi a nord, sbattendo e
cavitando, per ripararci nella baia sud di Formentera. Arriviamo nel primo
pomeriggio dopo che la prua e le lampade di via hanno fatto migliaia
di tuffi nelle onde, con la sensazione di aver percorso mille chilometri su
una mulattiera e con quasi il doppio (190) delle miglia percorse rispetto a
quelle risultanti in linea retta dal punto di partenza.
Ma, siamo comunque felici e l'acqua della baia di Formentera è stupenda,
sembra un'enorme gemma: pietra-marina, chiara come un diamante e con
riflessi luccicanti di un brillante. Si potrebbe non ripartire?
Giù il tender, spedizione a terra, lì vedi ci sono dei binari con le barche
trainate in secca in rudimentali garage,
accostiamo con il naso verso la bellissima costa ed un ferro (tipo paletto
di recinzione) semisommerso ci
distrugge il tender che rimane gonfio solo in una punta posteriore (succede
purtroppo).
Una giornata di riposo a Formentera, pochi terragnoli e quasi tutti
italiani, e la voglia-piacere di essere lontani dalla costa ci riassale.
Prua su Cagliari, 380miglia di navigazione tutto sommato tranquilla, non
sempre assistiti da eolo, e quasi a metà di giugno '99 terminiamo la
cavalcata delle onde a marina di Campidana Cagliari.
BV Enzo