La VOC di Pietro

Le regate le comincio sempre, con l'acqua alla gola e correndo.
Mentre la prima parte avrebbe un suo senso (beh almeno in regate tra sommergibili) la seconda è dovuta alla mia ormai incoercibile capacità di concentrare una numero enorme di cose da fare in uno spazio infinitesimo.
Non perche' io sia particolarmente bravo a fare un sacco di cose tutte insieme, semmai per il suo tragicissimo contrario. In ogni caso intanto vinco subito qualcosa: sono il primo ad arrivare a Porto S. Stefano ad un quarto alle una di venerdi.
Piove anzi pioviggina. sembra la bretagna in una bella giornata di Luglio.
Cioe' c'e' un tempo di cacca.
in ogni caso vado bel bello a portare alla capitaneria il mio faldocino di documenti per rinnovare la patente ed ovviamente la visita medica è scaduta.
La cosa non ha senso (visto che una patente dura 10 anni 10, che cribbiolino di senso logico ha che una visita medica per la medesima valga solo sei mesi) ma non ha senso a norma di legge e quindi per un fiero guardiamrina ha tutto il senso di questo mondo. Mi prende tutto il faldoncino ma non la visita: niente patente vecchia, niente patente nuova e medico militare da cercare. GRRRRRR.
Seeeee figurati: vi tralascio il mio girovagar per vuoti corridoi ambulatoriali nonche' il telefonare al cellulare di un medico che FORSE potrebbe farmi la visita:
"avevo le mani nella pancia di un paziente e lei mi chiama per QUESTA %&£!@°?"
Ha ragione, in effetti.
Doppio grrrrrrr.
Per smaltire vado a farmi un giretto intorno all argentario, solo che nel frattempo hanno venduto un pezzo di promontorio e relativa litoranea ai furbetti de noantri.
Quadruplo grrrrr.

Vabbe' torno indietro e vado a cercare le barchine.
e guardo di qua' ed allungo il collo di la' e......to il Campanelli, baci abbracci etc.etc.etc e....to il Lorenzoni....insomma ho trovato i velisti.
in quattro e quattrotto sono arrivati tutti.
Saluto noti e non noti e, sopratutto, dimenticati: non riconosco, manca poco nemmeno i compagni di merende del giro 2004. Tra le tante sindromi che mi affliggono questa è quella che è ormai assurta al livello (piu') patologico:
raga': non è che non mi ricordo di voi: è che mi ricordo della vostra versione monodimensionale, insomma della sottile e virtuale linea nera a pezzetti che qui vergate...

Il mio equipaggio si aduna. Pierluigi e Renzo li avevo conosciuti ad una cena Fiorentin-velista.
La Giulia no: del resto è una velista nuova nuova e non ancora rovinata dalla permanenza in compagnia dei loschi figuri che noi siamo.
Il resto dei veListi lancia occhiate di malcelata invidia nei confronti della componente maschile del nostro equipaggio.
Il resto delle VeListe ( sparuta pattuglia ma rocciosissima ed il lento e costante aumento) lancia sguardi di compassione nei confronti della eroica donzella. Addirittura Mozzo Ste se la prende sottobraccia e gli da qualche suggerimento e qualche "survival tip"
IO, in qualità di skipper, nel frattempo, faccio un check in del cacchio.
il gps c'e', il cesso c'e', il log c'e' il windex c'e' ( ahem solo meta' veramente) e cosi via.
Li accendo perfino.
Le carte ci sono (che siano di un altro angolo di paradiso nautico è in questo momento del tutto ininfluente, del resto sono concentrato nel ricordarmi dove ho cacciato le polari del 31.7).
Il fatto che una cosa ci sia, pero' non significa che per questo ed automaticamente debba funzionare.
In effetti, non essendovi motivo per funzionare se ne guarderanno bene di farlo, ma lo scopriremo solo dopo.
Fatto il check in e conoscenza tra i membri di equipaggio comincia a piovere.
Rimaniamo prigionieri del barchino, compulsiamo le polari e blablabo per benino il resto dell'equipaggio.
Spiove: Mentre Simone si fa issare in testa d'albero prevalentemente per farsi fotografare da tutti e Gianfranco esce a provare il barchino tra spruzzi e lazzi (degli invidiosi e pigri compagnucci di merende veliche) si va a far spesa: riesco a far la figura del logorroico pur li.
Decisamente peggioro.
Torniamo alla barca e ci facciamo belli per la cena.
Decisamente c'e' qualcuno che prende la faccenda sul serio, mettendosi i braconi della cerata pur di guadagnare quel punto in finezza psicologica.....eeeeh che cosa non si fa per vincere.
La cena non deve essere stata male.
Io me la ricordo a stento in quanto a forza di Ansonica traditore i miei ricordi sono stati rimossi quasi del tutto.
In particolare Mozzo Ste dice delle cose molto budde e divertenti, anche allusive, se vogliamo, relative ad allineamenti, segnali di partenza, boe da stringee, passare ripassare, strapazzare, abbracciare, sfrucugliare, titillare... oh, beh qualcosa del genere, e c'erano pure promontori capi sottocapi e punte spuntate non si sa da dove.
Mi sembra di ricordare anche elefanti rosa che ballano il tip tap sulle note di una haka neozelandese ma ora forse esagero.
Comunque sia, soddisfatto per essermi perfettamente memorizzato il percorso, la partenza, l'arrivo e tutto quanto, saluto il mo amico Paolo, che è appena arrivato, vero mozzo della Voc e quindi, oltretutto considerando che gli è toccato di stare sulla nostra barca e che mi deve sopportare talvolta pure a terra, vero eroe della manifestazione.

Cacchio vi ho gia' ammorbato per bene e non ancora parlato di vela o di cose nautiche: nemmeno un po'.
E poco anche dell'equipaggio. Siamo alle solite.

Intanto, visto che Pierluigi e Renzo già li conoscete dovrei presentarvi Giulia: Ingegnere aeronautico, riesce a gestire marito figlia dodicenne e lavoro e gli rimane pure voglia per prendersi la patente nautica ed imparare ad andare a vela. Organizzata, dritta allo scopo e lucida nelle rogne, ma nel contempo sempre allegra e sorridente, disponibile e paziente ( cribbio se ce ne vuoel con il sottoscritto).
Un bell'acquisto per la lista, datemi retta.
E smettetela di ridacchiare e darvi di gomito, specialmente tu, Luigi, che ti ho visto benissimo, tze tze.

Barcollando torniamo alla barca e ci imbrandiamo.
Pierluigi ha fatto presente che in barca, qualche volta, del tutto sporadicamente o per meglio dire stocasticamente (dicesi stocastico un processo con prevalente origine determinisitca notevolmente perturbata da una componente casuale, nda) russa.
Si, si, lo facciamo tutti, tanto, Pierlugi, trànqui (accento sulla a in salsa meneghina).
Ora, dire che Pierluigi russa è come affermare che quello di Horn è un capo, Steinlager una barca o io un bischero.
Un tragico understatement.
Cercate di immaginarvi l'ultimo rantolo di un Adrosauro nella fredda notte planetaria seguita all impatto meteorico di Cicxulub;ecco: qualcosa del genere.
Fortunatamente a volte dimentica di respirare e cosi, alla fine, anche per l'inteso lavorio del fegato mi addormento di un sonno inquieto. 8o)
Fa un freddo becco.
Soffia il vento ed infuria la bufera.
La mattina mi sveglio, finalmente, del tutto brinato, con un bel hang-over (dicasi postumi da ciucca) e con ancora il ricordo dell'ultimo sogno fatto, ovvero di una freddolosissima risalita in seggiovia da Arabba per il Belvedere di Canazei. cappuccino, brioscia e ceratina e via che si va.
Uh?
Siamo i primi ad uscire.
Siccome questo non si confa' assolutamente al nostro impegno di mantenere il profilo piu scaciato del gruppo, provvediamo subito.
In pratica, mentre l'equipaggio tenta invano di capire se qualche idea attraversa il grande e cavernoso vuoto che alberga tra le mie orecchia, issiamo le vele e facciamo un paio di viratine.
Le maniglie in dotazione hanno il fermino con la ghiera interna andata.
Bisogna azzeccare ad occhio una rotazione di pi greco ottavi esatti, altrimenti non ci pensano nemmeno lontanamente a mollare la presa.
Gli accidenti del trimmer di sottovento si confonderanno con le imprecazioni del trimmer di sopravvento per i due giorni seguenti, rendendo l'atmosfera a bordo ogni volta intensamente e rudemente marinaresca.
La partenza sarà al lasco, quindi ci scappa lo spi.
In una regata seria ci scapperebbe anche il danno (automatico in una partenza al lasco tra barche uguali) ma, se DIo vuole, i VeListi non hanno nessuna voglia di essere COSI' seri.
E noi, quanto aspirito veListico non ci batte nessuno ( tze).
Cosi, mentre gli altri son gia' li che studiano buoni e scarsi ed allineamenti e se partire in barca comitato o in boa, noi siamo ancora a passare il braccio la scotta e l'alto ed il basso. La Giulia, che dovrebbe fare la drizzista viene promossa al'istante in " marinaio all'albero e co-prodiera".
Scopriremo poi che era la prima volta che issava uno spi.
Siccome mette tutto al posto giusto e lo muoverà anche in modo corretto in seguito non posso che ribadire le capacità del soggetto, altamente promettente.
Al contrario, invece, il resto dell'equipaggio, ovvero i lupi di mare de noantri si barcamena cercando di darsi un minimo di organizzazione.
Insomma in tutto questo cincischiamento finisce che devo dare una smotorata bella potente semplicemente per fare in tempo ad arrivare dietro la linea all'ultimo minuto.
Gli altri velisti, come è giusto si stringono in un fraterno abbracico di vetroresine e polesteri colorati, mentre dopo il peeeeee di qualche cafonazzo tifoso (ah, no, era la partenza) un tipo comincia a dare numeri estremamente improbabili alla radio.
Fuor di metafora: l'uomo piu' protestato e protestante della storia velica moderna locale, Simone, viene messo fuori, insieme a qualche altro, per motivi di non allineamento e, mentre il qualcun altro si esibisce in una lapdance velica sul posto lui preferisce un giro di tango intorno alla barca comitato...
Poi si scoprirà che lui era allineato perfettamente all'interno del complesso intergalattico e secondo le normative dell ammasso locale cz 97 ed il resto del mondo aveva avuto il cattivo gusto di inclinarsi sull'eclittica di 23 gradi e spiccioli ma questa è un'altra storia.
Insomma come è e come non è, in modo del tutto casuale, issiamo lo spinnaker mentre il mio amico Paolo comincia a chiedersi, e non per la prima volta, in che cappero di mani mette la sua salute ed il suo tempo.
Come è giusto, siamo nitidamente ultimi.
La cosa mi piace.
Oltretutto i first 31.7 hanno una andatura molto sexy se vista da dietro.

Essere ultimi alla partenza di una lunga è un enorme vantaggio.
Lo consiglio a tutti.
Specialmente se il vento viene da dietro.
Specialmente se regatate contro di me.
Comunque sia, rimirati i resinosi sederini altrui, scopriamo che siamo lievemente meno ultimi grazie ai giri di valzer dei soggetti citati.
Dato visto e considerato che il vento viene da cola' e bisogna andare per cosa' e che stto c'e' meno vento e furoi ce ne e' di piu' e che nzomma è inutile stare nel mucchio , se vogliamo cercare di far qualcosa, andiamo verso Nord (piu' o meno, a bordo non funziona assolutamente nesusno strumento dotato di connessione elettrica... ah si l'eco scandaglio funge, e guardo la bussola solo per riposarmi gli occhi di tanto in tanto, il fatto che oscilli di qua e di la ma piu' di qua che di la essendo solo una pittoresca espressione di un altro porcesso stocastico...).
Insomma dopo un po' restiamo a fare questa scelta solo io e Simone: la cosa si ripeterà: chiaramente siamo i piu' eterodossi della compagnia, ci dovrebbero spiegare qualcosa di fondamentale che continuiamo tragicamente a non capire, abbiamo capito tutto di tattica a strategia, siamo tragicamente abituati a rincorrere o tutto questo insieme.
la scelta si rivela CLAOMOROSAMENTE vincente.
Gli altri si incippano sotto l'Argentario come nel mar dei Sargassi.
Noi e Simo no: c'e' qualche nodo di vento e si va', a qualche lunghezza di distanza, su rotte piu' o meno parallele verso il Giglio.
Raccomando al resto dellequipaggio di concentrasi sul nostro obbiettivo: evitare a tutti i costi di rischiare una performance anche solo lontanamente agonisticamente decente.
Non è facile: Si danno da fare e pian piano cominciano a capire come regolare le vele della barchina.
Ma con qualche suggerimento barlaccio ben impostato, un paio di fierocipiglio-richiami all'attenzione nella regolazione delle vele ed un sostanziale andar a ramengo per il mare brandendo la barra del timone come una clava ci riesco.
Finalmente Simone, che nel frattempo deve essere stato baciato dalla Dea della regolazione vincente ci lascia dietro come se avesse messo il turbo. Una cosa umilante: ci lasciano proprio li. Arrivano al Giglio con minimo mezzo miglio di vantaggio.
Il vento sta arrivando sempre piu' da sud, rinforza e gira.
Ci sono una dozzina di nodi di reale.
Cioè: boh? Noi il log ce l'abbiamo con l'inslatina chioggiotta incorporata e quindi, siccome che estrarre coseni al volo non ci viene comodo la stima e' alquanto nasometrica.
Noi saremmo secondi.
Saremmo perché nel frattempo c'e' chi, alfine essendo uscito da dietro il dannato promontorio ha sagacemente mantenuto un traverso fino a dinquadrare nel mirino sottovento il capo suddetto ed ora ci vola incontro mura a dritta sotto Spi e ci passa alla grande.
Ah, ecco, va gia' meglio.
In sostanza, dopo gia' un paio di orette ( o forse tre, uh?) ci ritroviamo in tre o quattro barche abbastanza raggruppate chi un po' piu' in su e chi un po' piu' in giu' a girare la punta per scoprire il ventone rafficatone che si preannuncia dietro.
Prendiamo la prima mano di terzaruoli, perfettamente: al momento giusto e nel modo giusto.
Ovvero quando la barca cerca di arare il mare con il pennaccino (se ce l'avesse) , lo sguardo di Paolo corre dalla zattera al salvagente anulare al sottoscritto ( scrollata di testa) e poi di nuovo alla zattera, al salvagente...
Insomma prendiamo sta mano, odiamo all'istante i caneletta muniti che issano il fiocco e ci divertiamo a briosciarci pucciandoci ripetutamente nel mar-cappucino. Naturlamente le mie spiccate capacità di timoniere, unite alla squisita sensibilità sull onda, non disgiunte da una naturale vocazione al comando permettono manvore, puntuali, rapidi ed efficienti, paragonabili, per dire, al varo della finanziaria 2007.
Quando anche le onde cominciano a scansarsi per evitare di prendersi le mazzate e l'anemometro indica raffiche a 28 nodi (toh, quello funziona) finalmente decidiamo di prendere la seconda mano.
Decidiamo è una parola grossa, che implica un ragionamento.
Diciamo che, non restando niente di meglio da fare, avendo cazzato il cazzabile, scarrellato lo scarrellabile, regolato il regolabile e timonato come zombi nautici in un b-movie degli anni 70, alfin prendiamo anche questa seconda mano, con la Giulia che a rischio di volare in mare si diletta nella disposizione dell'imbando della randa, decorandola e raccogliendola con graziosi cordoncini il cui uso mi pare non del tutto infamiliare e mi riporta ai bei tempi andati quando le tovaglie eranno a quadretti, le marmellate fate in casa, le nonne avevano la cuffietta ed io sapevo ancora andare a vela. Mboh? Sta a vedere che i matafioni servono ancora a qualcosa e non andavano aboiliti per comune consenso prevalente?
Comunque sia decidiamo che siccome siamo nati per soffrire non v'e' motivo di smettere: non tutto insieme per lo meno. Quindi continuiamo con un piano velico del tutto demente (qualunque manuale voi possiate compulsare) basato su genoa medio al 130% e due mani di terzaruoli. D'altronde con i garrocci si vuole il suo tempo a cambiare vele, io ho il cuore tenero e mi tedierebbe disperdere un prodiere in mare e noi, da tattici geniali e local metereologi de noantri, SAPPIAMO che il vento darà buono alla fine del Giglio.
Pol essere ma nel frattempo siamo calati buoni 200 metri sottovento e gli altri sono sostanzialmente davanti.
Piu' o meno siamo quarti.
Alla buon ora giriamo il capo sud del Giglio.
La nostra sagacissima rotta largona ci permette di virare prenderci un buonone e presentarci mura dritta per gli incroci con gli altri, che sarebbero obblgati a passarci dietro.
Questa è la teoria.
La pratica implica invece una laboriosa manovra di riinvelamento che nella sua tediosa quotidianità routinaria vi risparmio. Però deve essere stata un po' meno routiniaria del previsto sia perché nel mentre che eravamo in cotal faccende affaccendati è passata all'incirca una mezza era geologica sia perché è passato anche un paio di barche.
Insomma alla buona (si fa per dire) ora giriamo il dannatissimo capo (non senza aver notato un abuso edilizio a norma di legge ORRENDO e solitario e NUOVO sull'intatto versante est del Giglio GRRRRRRRR) quinti.
Il vento non solo è girato ma è anche calato.
E' uno scirocchetto debole, sugli 8 nodi.
Le 12 miglia fino all'arrivo ( mboh, cosi ad occhio, non abbiamo le carte no abbiamo il gps, non siamo mai stati in barca da quelle parti e siamo anche stati un po' malati da piccini e parecchio assenti alle lezioni) si prospettano come una corsa di cavalli piu' o meno stessa rotta stesse mura ( a dritta).
Simone, avanti almeno di un tre di miglia ( bouum? No no davvero, si vede a malapena) sembra la Goletta America al giro di Cowes (Secondo? Non v'e' secondo maestà).
Noialtri siamo messi cosi: noi ed un'altra barca ravvicinati, qualche lunghezza ( loro dietro e sopra cercano il controllo ed io in un sususlto di dignità non voglio fami controllare tze). Avanti mezzo miglio un'altra barca.
Ancora mezzo miglio avanti un'altra barca ancora e poi un'altra ed infine Simone solitario, un miglio avanti a tutti.
E cazza e lasca e orza e poggia e tocca e lascia e scarrella e questo e quello in modo del tutto casuale cominciamo ad andare.
Insomma smettiamo di perdere dall'universo mondo.
E qui, cari mei in uno di quei momenti luminosi che dividono tra un prima ed un dopo la storia dei popoli, viene a due menti concepita la storica frase.
Tralascio i dettagli della genesi.
Essa frase suona cosi:
" Pietro, visto che il vuoto già c'e', vedi di fare il silenzio nella tua mente"
Con questo segnando la consegna alla storia ed agli agiografi di Paolo.
Però, a dimostrazione della genialità, funziona.
L'equipaggio si rilassa, la barca si rilassa, io se mi rilasso ancora mi addormento, si mettono a segno piccole cose e la barca va.
non lo faccio apposta ma improvvisamente il tira-e-molla al timone (anche il molla non è automatico: nel suo non tornare-finto neutro mi ricorda lo sterzo del cinquino, la colpa secondo me è delle pregiate boccole beneteau) sembra acquisire un senso tutto suo.
Ad ogni tira ed ogni molla sembra di prendere qualcosa sugli altri.
Zittie buoni buoni e zitti vedo ogni tanto una barca che era nascosta dal genoa.
Poi la vedo sempre.
Poi la vedo piu' vicino.
Poi la vedo accanto.
E poi dietro.
Oibo?
la cosa si ripete, e sembra impossibile con un'altra barca, ancora mezzo miglio piu' in la'.
Gli altri si sono improvvisamente fatti seri (quasi).
Ogni volta che apro bocca profferiscono orrende sanguinose mincce brandendo coltellacci, sciabole, durlindane e panini al salame.
Ok ok sto zitto.
Il metodo del vuoto silenziato funge.
zitti zitti zitti ci facciamo sotto, mentre anche la barca che aveva cercato il controllo da sopravento cerca di mantenere il passo, aumentando lentamente il sopravvento.
Simone è piantato, piantatissimo.
Sopra la barca è stazionaria una nuvoletta.
All'interno vi compare qualcosa del genere %&#@ç!$£*+§!!!!!!!!
Ora che siamo tutti autopromossi a Rassel Kutts der quartierino ci permettiamo, ma pensa te, di valutare le sue scelte tattiche.
Osiamo, addirittura e pensa te, affermare che stiamo rollando questo e quello dei nostri avversari.
Però qualcosa del genere succede, nonostante l'impatacchianamento riusciamo a non fermarci ed insomma come è e come non è arriviamo addosso a Simone, quando ormai siamo all'ultimo miglio prima dell'Argentario.
Simone è ripartito e si mette tra noi e la boa come è giusto e santo.
Solo che tra noi e lui ci dimentichiamo che sarebbe il caso di strigere quei cinque gradi in piu' e chiudere la porta a quello alncora piu' in su che in effetti passa/si avvicina.
Arrivati al primo promontorio risulta chiaro che bisognerà dare spi.
lo diamo, alfine leggermente in ritardo ma insomma siamo sempre li che ce la giochiamo per il terzo posto.
C'e' un piccolo problema: dobbiamo strambare dietro la punta che vediamo oppure no?
Mai stato a Porto Ercole, gps e non abbiamo carte, vi ricordo.
Mentre siam li che, spi strallato, ci chiediamo il da farsi (Paolo veramente sta gia' da un certo tempo ricordandoci il prodigioso balzo in avanti fatto nell'arte della navigazione grazie all'avvento del motore) decido di lasciar avvicinare una barca da sottovento per chiedergli info; rectius: cerco disperatamente di non farli avvicinare ma l'affollarsi dei pensieri, il collasso dello stato mentale pregresso (oddio: nel mio caso la parola mentale, se non riferita ad una patologia mi pare leggermnte inopportuna), l'improvvida regolazione del barber ed i loro sani 5 metri quadri in piu' di spalla spi prevagono.
Insomma esis loro non solo proditoriamente ci danno fallaci indicazioni di rotta meleggiandoci nel contempo ma oserebbero anche stringerci all'orza.
Tze: mi metto la feluca di traverso, il panino alla provola tra i denti e gli chiudo la porta.
Ovvero: fanno la grullata di cadere nei miei rifiuti, decidono di strambare e si incasinano.
Ole', siam sempre terzi.
Il fatto di non spaere dove cribbiolino è Porto Ercole ci penalizza un cicinino.
Dobbiamo stringere, poggiare andare in controllo, approfittare del sottovento, evitarlo, carezzarlo, approssimarlo, dedurlo, indovinarlo, gestirlo mbooooooh?
Nel dubbio non facciamo assolutamente neinte di niente di niente continuiamo dritti e quando gli altri strambano cosi facciamo anche noi, che pero' a questo punto siamo piu' sopravento il che di spi e' cosa bona e' giusta.
A quel punto il mio equipaggio decide che chiederà l'antidoping, è certo che il Dio dei timonieri e la Dea tattica in persona sono scesi e siedono alla mia destra ed alla mia sinistra.
C'e' anche chi telefona a mariti, mogli, fidanzati zii e cugini raccontando dell'epica impresa che si sta svolgendo sotto i loro occhi, un film di quelli improbabili dove negli ultimi 5 minuti la squadra di baseball fa 86 home runs.
Purtroppo, come dicevo, il 31.7 ha il sederino stretto.
In tre non ci si sta e la Dea tattica finisce in mare.
Io nel frattempo, tragicamente sogno impegnato nel sovrumano sforzo di elaborare un pensiero razionale.
un po' perche' non ci sono abituato, un po' perché oggettivamente al di la' delle mie capacità, non è che mi riesce molto bene. Siccome la cosa si fa dolorosa la faro' sintetica: finalmente avvistiamo Porto Ercole: da qualche parte ci sara' pure questo allineamento. in effetti ci sono due semafori, uno dei due con la'llineamento per 270 costituisce il traguardo.
Io, avendo ricominciato a pensare anzichè poggiare un pelo e mangiarmi nel processo il secondo e forse il primo... (si si si vabbe' direte voi) decido che l'allineamento si puo' prendere solo entrando nel porto, qundi strallando ed arrivando, ammainato lo spi, di bolina stretta.
Immaginatevi un maratoneta che, ad un metro dal traguardo si mette improvvisamente a correre parallelo alla linea ed ad un metro da questa. E' quello che facciamo: la cosa è talmente assurda che ci avvisano pure per radio ma nemmeno li sentiamo, Il Dio dei timonieri dopo aver cercato di strangolarmi, suppongo, se ne va lasciandomi in preda ai mei incubi.
finalmente, dopo un buoni quattro minuti, una ammainata spi ed una poggiata quasi da fermo di genoa e qualche centinaio di metri, riesco a poggiare quei venti metri necessari per tagliare, alfine il traguardo, regalando tre posizioni.
I tempi parlano da soli: tre minuti e tre barche.
Però non siamo sul podio e questo è l'importante.
Mission accomplished.
E' dura, lo so, ma qualcuno doveva pur farlo, spiego all'intristito equipaggio.
Fortunatamente sono troppo stanchi (dieci ore su questi barchini sono stancanti) ed anche Pierluigi, lentamente abbassa il tangone, sarebbe un peccato sprecarlo sulla Rocca di Gibilterra in sedicesimo che è la mia testa.

....Insomma, com'e' come non e' tagliamo il dannato traguardo ( veramente all'incontrario, dal sotto in su ed anzi credo di averlo tagliato un cinque minuti dopo), andando a vedere che succede a Simone.
Ha le batterie game over: mentre noi cincischiamo a piegare la nostra randa con delle piegoline che manco i pantaloni di un lord inglese, Boatswain Ste (Botswain, pronunciato in modo anomalo Bosun, sta per nostromo) si lancia al soccorso dello sbattezzat...ahem sbatteriato pirata delle sette isole, alfin portandolo a salvamento.
Noi entriamo in porto, bre bre poti poti e siam fermi.
Prima che il resto dell'equipaggio mi appenda per i santissimi alla drizza dello spi, che per altro voltegga a mezz'aria e verrà lestamente recuperata il giorno dopo dalla ineffabile drizzista, mi faccio carico delle mie colpe, non ultima delle quali la totale incapacità di trasmettere per via telepatica le mie intenzioni.
Addirittura, per quanto sia contrario alle mie abitudini igieniche nonche' alla mia religione prevalente, faccio il pieno ai serbatoi dell'acqua laonde alfine l'equipaggio possa rinfrescarsi e/o indulgere in lavacri ed abluzioni varie.
Porto Ercole, che mi dicono invivibile e saturato da spetazzanti motoschifi nella stagione clou, è invece accogliente tranquillo e sereno.
Ce ne andiamo a terra leggermente suonati e con il passo lungo e ben disteso (rectius con il passettino dondolante ed incerto) del marinaio di lungo corso che prende possesso della sua berma.
Purtroppo ad assistere al glorioso ingresso e presa di possesso della banchina da parte della flotta veLista ci sono solo un paio di gabbiani, uno nostrano ed uno corso, impegnati a litigarsi una alice.
Ci sono due locali aperti, apparentemente con la cucina in comune e subito partono le scommesse.
Andremo a cena da " Er canovaccio" (che cosi te ce reduco quanno veddi il prezzo che te faccio) o da "Giggi Er Pataccaro "(magni male e paghi caro)?
Vince Giggi ma in fondo non andra' poi cosi male... o almeno credo perche' al solito ti portano uno di questi bianchetti traditori ed io sono assetato.
A tavola la buttiamo sul petrolio: mi lancio suull'enunciazione dei preoccupanti sintomi di debolezza di Gawar nonche' sugli svantaggi del mutuo a tasso variabile etc etc etc.
Pierluigi si guarda intorno alla ricerca di un tangone, Renzo controlla il filo del coltello da pesce e Giulia cerca di metterci una pezza ma inutilmente, anche perche' Paolo ci carica su un po' anche lui.
Vabbe' almeno non parliamo di strambate, tattiche e rotte, che è meglio...
8o)

Si torna alla barca.
Mi butto di ciocco sulla cuccia/divanetto di dx e, dopo una notte inquieta, sogno di stare avvinghiato ad un Adrosauro, nella fredda notte planetaria successiva all'impatto di Cicxulub, cercando di vibrare il colpo mortale con la mia ascia tribale, mentre lui mi colpisce alla testa ripetutamente e mi asfissia con il suo rancido alito rettiliano.
Mi sveglio semistrangolato da un pile umido e con in faccia un calzino, mentre sto dando belle testate contro lo spigolo del tavolo da carteggio (la panca di dx, per chi non se ne fosse accorto, è piu' corta di circa venti centimetri ed un normodotato non c'entra), l'adrosauro agonizza sulla cuccia/divanetto di sx, accanto a me, ma dopo un ultimo lamentoso rantolo alfin si tace.
Mi alzo con un mal di testa atroce.
Si fa colazione, mi dirigo allo skipper briefing dove cercano invano di instillarmi elementi di verità ed allineamenti piu' o meno probabili (Luigi propone "tra la mia poppa e qualunque parte dell'orizzonte"), mentre uno stuolo di falegnami mi intarsiano una intera serie di mobili tirolesi all'interno della testa (almeno quella è la sensazione).
Torno alla barca e vedo Paolo, schiumante e spazzolino cacciato in bocca che fa oscuri cenni cabalistici: scopro con interesse che non esce un filo d'acqua dai rubinetti nonostante reiterati tentativi.
Avere 200 kg a prua con una bella onda formata mi pare un indebito vantaggio, che diamine, l'ultimo posto va guadagnato, non regalato cosi!
Scandagliamo lo scandagliabile, vengono anche richieste consulenze tecniche e perizie alle altre barche ed infine, avendo tentato tutto ed escludendo, ma solo per motivi di tempo, la visita a Loreto, ci butta un occhio la drizzista che si accorge di un manicotto strangolato e lo sistema in un minuto.
Per un attimo devo forzarmi a ricordare che la bigamia da noi è considerata reato.
Usciamo, ribadendo concordemente la sensazione di non lasciare niente di intentato.
Bisogna far meglio dell'altra partenza.
Sulla base del collaudato metodo telepatico gia' dimostrato funzionante il giorno prima cerco di dare direttive all'equipaggio con brevi esclamazioni del tipo eh, ah, oh, scotta, drizza amantigli... uh eh ma cosi no, ah eeee ooo ffffaccc mapporccc.
Insomma si parte un mezzo km piu' in la e senza scotta da un lato, cosi non ci viene la tentazione di virare troppo presto.
C'e' un bel mare ed anche un po' di vento che pero' cresce.
Prima di pensarci su troppo si da su Spi tutti quanti, noi compresi.
Ci mettiamo una ventina di minuti ma alfine lo tiriamo su.
Il vento diventa ventone e nel frattempo, a parte qualche bella dondolata riesco a tenermi fuori dai guai ed anche recuperare un po'.
Alla fine siamo di nuovo nel gruppetto di testa e si impone una strategia differenziata: decido per stare il piu' su e piu' fuori di tutti laonde poi poter strambare e venire su piu' stretto ( tra traverso e lasco) e quindi piu' stabile: con lo spi e l'onda formata si dondola che è un piacere ed evitare di farsi prendere la mano non e' per niente banale, anche per via del solito timone neutro ovvero "morto", che obbliga a correzioni continue in ambedue le direzioni.
Pero' si va' beninino ed in pratica siamo noi e Simone, di nuovo ad aver fatto questa scelta.
Ormai ci sono venti nodi sani di vento reale si comincia a surfare decisi sulle onde e con tutto sto dondolamento si decide di strambare di genoa, amminando lo spi e ridandolo su sull'altro bordo. Eccesso di prudenza?
Forse si.
Perche' nel tentativo ci sperlariamo nello spi, avendo lasciato Paolo alle prese con una drizza spi, rossa, da mollare. Nel dubbio lui molla tutto: dirzza spi, alto e basso, per circa 20 metri complessivi di cima.
Lo spi finisce correttamente in acqua e noi, con assoluta aderenza a quanto letto nei manuali, ci finiamo dentro e ce lo avvinghiamo alla chiglia.
Cerco la cappa o, per meglio dire, ci finisco, e, proprio mentre dico di filare tutto per occhio, riescono a tenerlo e poi a portarlo dentro.
Nessun strappo, incredibilmente, e solo la drizza spi tra timone e scafo.
Riprendiamo, sia pur nettamente e con un certo sollievo, ultimi e proviamo a tentare la carta della rotta piu' stretta, visto che abbiamo il genoa ed anche visto che siamo andati al largo almeno di un miglio nell'operazione recupero e, tra una surfatona e l'altra, quasi ci riesce di riacciuffare una barca.
Quasi perche' un po' finiamo nei rifiuti di sottovento di un paio di scogli un po' siamo frenati dalla cima, un po' siamo anche stufi.
All'ingresso in Porto S. Stefano faccio finta di avere una avaria gravissima, atroce, terminale e quindi di sfidare il mare, l'avverso fato ed anche il dolore alla schiena con fiero e riarso cipiglio (mi son dimenticato le cremine ed ho la pelle tanto ma tanto tanto delicatina); purtroppo mi vengono ad aiutare sollecitamente e cosi mi sgamano ignominosamente.
Faccio anche finta di non avere piu' la retromarcia ma ormai non mi crede nessuno e mi lasciano alla deriva nel porto fino a che un gommone pietoso con due musate ci incastra all'ormeggio.
Si arriva in tempo per la salama di Bruno ed i dolcetti di marzapane di... ahem di... aurg insomma erano buonissimi (capocenercoperto), lo spavonamento dello skipper vincitore ed un tuffo non privo di un certo stile di Sergio.
Seguono ricchi premi baci abracci e cotillon e poi la stordita e commossa combriccola, esauriti gli ultimi fraterni abbracci ed i peana all'Ex-mozzo ed allo Skipperone Cippa Lippa, temprata dall'"avventura" appena vissuta in ordine sparso si dirige alfine e con un lieve magone verso la magion lontana.

Molto ancora ci sarebbe da scrivere su questi epici due giorni ma alfine solo questo vi abbiamo raccontato perche' credeste che tutto si è svolto esattamente cosi come ve l'abbiam mostrato.