Quartodiluna   di Franco Spinelli - 2007


Il progetto
Nell'autunno del 1990 incontro, al Salone di Genova, Mario Quaranta, figlio di Ernesto. Lo conosco da quando era ragazzo e io iniziavo la mia folle carriera di autocostruttore.
Prima un cabinatino da 5.50 metri, poi uno da 24 piedi, con un piccolo entrobordo da 6 cavalli.
Mario sa che sto cercando una barca nuova perché mio figlio ormai è cresciuto e lo spazio deve crescere con lui. Mi consegna un insieme di disegni in scala 1:50 con le linee d'acqua, le sezioni e le viste di una barca da poco meno di 10 metri. C'è ovviamente anche il piano velico ed una proposta di sistemazioni interne.
Mi dice con compiacimento che "si tratta della barca più grande finora stazzabile sotto le famigerate 3 tonnellate, quindi un natante".
Ad una prima occhiata sembra una Star trasformata in un cabinato da quasi 10 metri.
Torno a casa con i disegni e mi metto al lavoro. Calcoli che non avevo mai fatto, coefficienti, stabilità, comparazioni e, con l'avanzare dei conti, avanza anche la convinzione che si tratti di qualcosa di "sveglio" cui basta poco vento per camminare. Natale è l'occasione per farsi regalare nuovi libri per approfondire l'argomento.
Faccio il progettista per mestiere e questo “gioco” di progettare una barca mi piace.
Dopo 3 mesi ho rifatto tutti i conti ed ho un set di disegni in scala 1:10 con le sezioni, gli interni e la struttura. Faccio persino qualche programma per automatizzare i disegni o almeno le parti di base, come le linee d'acqua o le sezioni.

Avuta l'approvazione del progettista originale, la barca ha questa "carta di identità"
  • lunghezza 9.75
  • lunghezza al galleggiamento 8.40
  • larghezza 3.15
  • pescaggio 1.85
  • peso stimato 3.200 kg in assetto di navigazione, persone escluse
  • zavorra da 1200 kg con un pesce in basso da 600 kg
  • piano velico a 7/8 con 50 metri di vele, suddivisi 25/25 tra genoa e randa
  • possibilità di essere allestita con 5 o 6 posti, con due cuccette doppie separate e 1 o 2 persone in quadrato
modello Lo scafo ha la particolarità di essere a un solo spigolo, poco sotto il galleggiamento, ed avere il fondo curvo in due direzioni, cioè sia trasversale che longitudinale. Una costruzione simile, in compensato marino, non l'avevo mai vista ma Mario dice che "si può fare" e suo padre, che lavora con questo materiale da tanti anni, conferma.
Ormai la barca è entrata nella mia vita e cerco una maniera razionale per costruirla.
Ho anche costruito un modello in scala 1:10 per vedere “dal vivo” l'aspetto della barca. È diventata una specie di malattia.

La costruzione
Dopo qualche tentativo di coinvolgere artigiani che costruiscono barche in legno conosco Elio che, a Torino, ha già costruito diverse barche, è in grado di usare il materiale perché fa il modellista e quindi ha l'abilità necessaria. Inoltre è a Torino e quindi in luogo accessibile al progettista che abita a Carignano e, ultimo requisito, è anche lui innamorato di questa barca che esiste solo sulla carta e in due modelli. Uno è il mio, in scala 1:10 e completo di interni, e uno è suo, in scala 1:20 con il solo esterno.
Ci accordiamo per costruire uno scafo, il primo dei due, e decidere poi chi lo completerà. Acquistiamo il materiale per lo scafo, per lo scalo di montaggio, per l'incollaggio e il trattamento di fondo. Traccio la barca su un grande rotolo di carta al vero, come si faceva molti anni fa nei cantieri seri. A marzo del 1991 si parte per la grande avventura.

Le paratie ed il fasciame sono in compensato marino di mogano da 12 mm. Il fondo è fatto con due strati di compensato da 6 mm. La struttura è in iroko da 25 mm con la tecnica lamellare per i punti più sollecitati.
I listoni di spigolo ed il dormiente dove poggerà la coperta sono quindi di due strati incollati, per uno spessore di 50 mm mentre la chiglia è da 100 mm di spessore, ottenuto incollando 4 strati di iroko già curvati. Nella parte centrale la chiglia è larga 400 mm. con un incasso per alloggiare il bulbo.
Interni e coperta sono in compensato marino di mogano da 10 mm mentre i piani delle cuccette, per essere leggeri, sono da 6 mm e supportati da listoni in iroko.
Lo scafo da solo non arriva a 1000 kg di peso. Con ponte, coperta e interni arriva a 1800 kg.

Il montaggio avviene a barca capovolta, fissando le paratie allo scalo, collegandole con la struttura in iroko
fondo prua dritto_di_prua
e infine rivestendo il tutto con il compensato.
Il fondo richiede due passaggi per poter curvare ogni strato nelle due direzioni. Il lavoro del fondo richiede la presenza del progettista e una cura particolare. Ogni errore nell'unire i due strati sarà inevitabilmente fonte di problemi durante l'uso della barca. Ma Ernesto e Mario avevano ragione ed il fondo, curvo in due direzioni, viene incollato senza incontrare difficoltà insuperabili.

Alla fine di agosto lo scafo, vuoto di ogni arredo e senza coperta, è completato e decidiamo che l'onore di completarlo spetta a me. Elio deve far fronte ad un lavoro urgente e costruirà un secondo scafo che provvederà a finire. La sua barca arriverà seconda, dopo circa un anno dalla mia. Alla sua seguiranno altre due barche, in regioni diverse, di due persone che hanno deciso di “fare la follia” e si sono innamorate del modello.
primo_viaggio scafo_nudo
Lo scafo parte per il primo viaggio, da Torino a casa mia, dove viene sistemato in fondo a uno scivolo, per metà in un garage e per l'altra metà nel cortile antistante, coperto da una tettoia improvvisata che dovrà passare l'inverno.
Appena arrivato e sistemato lo scafo, ci vogliono 7 giorni per metterlo in piano, fissarlo bene e tracciare le linee di riferimento all'interno. I piani delle cuccette devono essere orizzontali o, al massimo, pendenti verso il posto dei piedi. È necessario allora tracciare il galleggiamento anche all'interno e disegnare tutti i piani a partire da questa linea fondamentale. Dopo questo lavoro preparatorio inizia quello di falegname.
Da settembre a gennaio costruisco gli interni e il pozzetto, fino alla futura tuga.
cuccetta_poppa
cuccetta di poppa in fase di costruzione
gavone_pozzetto
gavone in pozzetto
bagno_discesa_cuccetta
parte poppiera con le porte di accesso alla cabina di poppa ed al bagno, con la scala per la discesa dal pozzetto in centro
struttura_tuga
bagli in lamellare a sostegno della tuga

Per questo uso compensato di mogano da 10 mm, listoni di iroko da 20 mm e resina epossidica C System 10/10 di Cecchi additivata per riempire i giunti.
dinette
Alla fine del lavoro di falegnameria, passo a trattare gli interni con le prime mani di resina epossidica diluita (la prima mano) e piena (la seconda) sfruttando la possibilità di lavorare senza tuga. Il risultato (foto dinette) è molto strano perché la barca sembra finita ma non è ancora stata pontata.
Il mese successivo passo al ponte ed alla tuga, realizzando una serie di centine lamellari su una forma esterna e finalmente chiudo la tuga e inizio a finire gli interni.
Le parti a vista vengono completate con due mani di vernice poliuretanica Veneziani con finitura satinata. Le parti non a vista vengono invece finite con fondo epossidico grigio, sempre della Veneziani. Le parti destinate a venire a contato con gli alimenti, come la ghiacciaia e la cassa d'acqua, tutte rigorosamente in compensato marino, sono invece finite con una vernice alimentare usata per verniciare i contenitori del vino.
Nella foto si vedono dinette, cucina e discesa, in fase di verniciatura ma prima della posa della tuga

Da aprile inizia l'impiantistica e l'allestimento, compreso la posa del motore, uno Yanmar da 18 HP, la linea d'asse ed il relativo allineamento. Solo per questo ci vuole una intera giornata. Era solo la seconda volta che compivo questa delicata operazione e mi sono preso tutto il tempo necessario.
Alla fine di maggio, dopo aver lavorato tutte le sere, i sabati e le domeniche per realizzare gli interni, la coperta, il pozzetto e le finiture, la barca è pronta per il secondo viaggio. Senza bulbo ma con l'albero vicino andrà ad Andora, dove nel frattempo è arrivato il bulbo, una fusione in ghisa sferoidale da 1200 kg.
Dal momento dell'arrivo dello scafo sono passati 9 mesi e circa 2000 ore di lavoro. Sarà colpa per l'innamoramento, oppure colpa della mia l'età di allora, ma non mi pesano ancora. Peseranno solo a barca varata.
La barca sale dallo scivolo per mezzo di una gru, viene caricata su un camion e portata al mare.
sollevamentosecondo_viaggio

Il giorno dopo la raggiungo e, dopo aver rizzato il bulbo con una gru e con puntelli, posiamo la barca sul bulbo, foriamo le due file di prigionieri, spalmiamo la resina tra bulbo e scafo e li uniamo in modo definitivo. Elio ovviamente è con me perché, dice, gli serve per quando farà il suo scafo.
di_fianco di_prua il_bulbo
La barca finita viene mesa sull'invaso e posso finire la verniciatura dell'opera viva con l'antivegetativa.

L'intera opera viva risulta così trattata:
  • impregnante con due mani di resina epossidica C System (la prima diluita)
  • impermabilizzante con 2 mani di Plastolite (epossidica ad alto spessore, con stuccatura tra la prima e la seconda mano
  • finitura con antivegetativa Veneziani Even
L'opera morta e la coperta seguono lo stesso trattamento, salvo la finitura fatta con due mani di GelGloss poliuretanico per l'opera morta e con antistrucciolo per la coperta.
L'ultima operazione è il montaggio dell'albero, realizzato da Cariboni dopo un mese di discussioni e studi e perfettamente nello spirito della barca. Il lavoro con Cariboni è stato avviato fino dal mese di febbraio e, dopo accese discussioni, si è tradotto in un armo particolarmente moderno. L'albero è passante, con profilo da 14 metri sporgente 12,20 sulla tuga, con due ordini di crocette retroflesse e sartie tutte attestate sui passavanti.
Le vele sono state disegnate e costruite da Viganò sulla base dei disegni dell'albero e della barca. Per ora randa steccata e genoa 133% avvolgibile su rullafiocco Viganò.
Le attrezzature di coperta sono di vari fornitori, con tutte le manovre rinviate in pozzetto. I winch sono sovradimensionati perché mio figlio, che all'epoca del varo ha circa 10 anni, è anche il prodiere della barca e deve poter cazzare il genoa.

varo Il varo
Il varo avviene ai primi di giugno e la barca galleggia sulle sue linee d'acqua. I pesi stimati sono stati quelli finali, non ci sono stati grossi errori e questo, per il progettista ma anche per me che un po' progettista lo sono stato, è una grossa soddisfazione che ripaga ampiamente delle 2000 ore di lavoro dedicato alla barca e del sonno arretrato da recuperare. In meno di 2 anni la carta è diventata legno e poi barca.
Anche l'attrezzatura si è dimostrata esatta, compreso la lunghezza delle sartie e pure le vele sono giuste. Sembra incredibile che tutto sia filato liscio in questo modo.
Il giorno stesso usciamo a provare le qualità veliche, aiutati dalla brezza che ad Andora non manca mai.
La barca cammina molto bene. Sembra un puledro di razza.
prima_bolina
Nella primavera successiva il progettista mi convince a partecipare ad un paio di regate di circolo, per vedere come si comporta la barca quando è impegnata a fianco di altre. Le due regate si concludono con due vittorie e questo mi permette, visto che non amo le regate, di convincere il progettista che non c'è bisogno di altre dimostrazioni.

Da allora la barca ha navigato per 15 anni, mi ha portato in giro per il Tirreno senza mai mostrare problemi particolari, sempre muovendosi anche con poco vento ma reagendo bene anche ai 30 e ai 40 nodi. Il passaggio sull'onda è morbido anche se la barca non è certamente una “chiglia lunga” ed il fondo è particolarmente piatto. Il pescaggio senza bulbo è di soli 43 cm.

Pur avendo un bulbo concentrato a centro barca ed un timone appeso la barca è stabile di rotta ed è possibile, regolate bene le vele, mollare la barra del timone per qualche minuto. A motore la barca riesce a girare su se stessa e la scelta di un'elica a due pale abbattibili permette una bassa penalizzazione a vela mantenendo una manovrabilità ancora ragionevole in retromarcia. La barca raggiunge i 6 nodi a motore con 2500 giri, come velocità di crociera. A vela raggiunge e mantiene 6 nodi di bolina e supera i 7 al traverso, con punte anche di 8 nodi. L'abitabilità è perfetta per 4 persone anche se è possibile ospitarne una quinta, almeno nel mio allestimento. Ho infatti privilegiato una cucina ampia con due lavelli, un fornello a 3 fuochi e un forno per non rinunciare alla possibilità di cucinare bene, almeno in porto.
navigazione navigazione

Dopo aver dedicato alla costruzione una parte importante del mio tempo e delle mie energie, sono convinto di avere speso bene il mio tempo. Il mio rammarico più grande è la considerazione che la prossima barca, se ci sarà una prossima barca, sarà più grande e non potrò costruirmela. La follia dell'autocostruzione non dà scampo.