Riprendiamo la navigazione, attraversiamo la rada di Porto San Paolo in direzione Ovest - Est e dirigiamoci su Tavolara che dista circa due miglia. Conviene non avvicinarsi troppo al lato Sud della rada perché il fondale è scarso. Arrivati al lato Sud dello Spalmatore di Tavolara si entrerà in una bella baia delimitata verso Nord da una spiaggia e si troveranno parecchie barche ancorate, talvolta di grandi dimensioni e che magari vengono dalla Costa Smeralda come lo yacht dell'Aga Kahn; il fondale però non è dovunque buon tenitore perché in certi punti la sabbia ha un piccolo spessore e ricopre malamente la roccia liscia sottostante. Non c'è altro modo di scendere a terra che col tender. Il posto è bellissimo, il gigantesco massiccio dell'isola incombe su tutto, ma attenzione al
vento perché la baia è aperta allo scirocco.
È utile qualche cenno sul regime dei venti in questa zona, che la presenza di un grande ostacolo come Tavolara influenza notevolmente. L'isola io la definisco "una fabbrica di vento" perché nelle giornate di calma crea pur sempre delle termiche anche se non forti, ma quando il vento c'è non può che deviare verso l'alto e superato il crinale rovesciarsi verso il basso ( effetto fohn ) , creando
tutt'intorno salti di direzione e raffiche. Con forte maestrale si creano sottovento addirittura dei turbini che sollevano l'acqua, quindi non è opportuno cercare ridosso sotto a questa montagna, mentre con lo scirocco la cima viene ricoperta da un caratteristico cappuccio, citato anche dai
portolani "veri".
Prima di lasciare Tavolara, è opportuno rammentare che, a parte i vincoli del Parco Marino, tutta l'isola (meno lo Spalmatore) è sotto servitù militare e bisogna tenersi a distanza ragionevole dalla costa, specie dall'estremità settentrionale. Tener presente, inoltre, che sullo Spalmatore, a parte i ristoranti, non c'è niente, e l'isola non ha né acqua (viene portata dalla terraferma) né energia elettrica, che viene prodotta dai generatori (anche eolici).
Procediamo ancora a Sud verso l'isola di Molara, collinosa e di forma tondeggiante, con una bella macchia mediterranea e totalmente priva di spiagge. Conserva pochi resti di una chiesetta medioevale e sulla sommità ha un discreto spazio pianeggiante con una fattoria e qualche attività agricola favorita anche da una certa presenza di acqua. L'isola è di proprietà privata ed una volta era tollerato salire fino alla fattoria dove si gode una bellissima vista e si veniva accolti con gentilezza dal contadino, ma ora la cosa non è più permessa, specie dopo l'incendio sviluppatosi qualche anno fa.
La principale attrattiva di Molara si trova sulla costa occidentale, dove un tratto di mare, specie in certe condizioni di luce, ha una colorazione straordinaria sul turchese e viene detto "Le piscine di Molara", spesso affollate di barche e di gente che sguazza in acqua. Con la barca a vela tenersi a buona distanza e non perdere di vista un pericoloso scoglio semiaffiorante ma discretamente visibile. Bisogna anche stare attenti alle onde dei grandi yacht a motore che percorrono il canale di Tavolara. E' anche interessante Molarotto, al largo della costa orientale; adesso non ci si può più sbarcare, ma le rocce selvagge e una numerosa colonia di cormorani si possono ammirare lo stesso. Se da Molarotto ci si dirige per Sud-Ovest stare lontani da tre scogli detti I Tre Fratelli perché sotto ci sono altri fratelli invisibili ma duretti.
Sul lato opposto del canale, che qui è molto largo, si nota il promontorio di Monte Petrosu, il cui lato settentrionale è caratterizzato da enormi rocce di granito che sprofondano nel mare e molto levigate dalle intemperie, di grande bellezza e da noi dette Sassi Piatti. È qui che si trovava la famosa roccia a forma di tartaruga che è stata una prima volta decapitata dai vandali di uno yacht, poi ricuperata, restaurata e poi definitivamente distrutta e fatta a pezzi da non si sa chi. Il genio umano non ha limiti.
Se, lasciato Porto San Paolo, si desidera dirigersi direttamente verso Sud, bisogna tenersi al largo della Punta Don Diego e del relitto della nave perché ci sono numerosi scogli semiaffioranti e poco visibili. Nel caso di una barca a vela è meglio passare al largo l'isolotto Reulino poi puntare su Monte Petrosu. In fondo all'insenatura, detta Porto Taverna, si vede una lunga e bianca spiaggia, in genere piuttosto affollata.
Dopo Monte Petrosu vi sono alcune spiagge, fra cui una assai bella e ridossata da tutti i venti detta Le Farfalle, dove ci si può ancorare (ogni tanto passa il gommone del bar ad offrire gelati e caffè) e poi si giunge all'ampia insenatura di Capo Coda Cavallo, ridossata dallo scirocco. La spiaggia di questa insenatura è lunga ma piuttosto stretta, ma l'attrattiva del posto è data dal perfetto ridosso e dalla bellezza della natura circostante e dell'acqua. Nel pieno della stagione ci sono molte barche ma c'è posto per tutti. In cima alla collina che chiude la baia c'è un villaggio turistico da cui si gode quello che secondo me è uno dei più bei panorami della Sardegna.
Uscendo dalla rada di Coda Cavallo si vira a Sud e si attraversa lo stretto fra Molara ed il promontorio. Nel caso di forte vento si verifica qui un effetto Venturi che rende il passaggio contro vento un po' difficoltoso, ma non sono le Bocche di Bonifacio...; poi si inizia a costeggiare il lato Sud del promontorio procedendo in direzione Ovest. Ora resta da superare l'ultimo pericolo, un cattivo scoglio semiaffiorante detto Testa di Moro che si trova circa 200 metri al largo di un isolotto lungo la costa. Non è tanto facile vederlo e se non ci si riesce meglio tener d'occhio
qualche altra barca ( magari a motore...) che conosce la zona e passa tranquillamente. Non conviene passare al largo perché si può valutare male la distanza, invece, tenendosi a 50/60 metri si va tranquilli, ma occhio allo scandaglio.
Alla base del promontorio ci sono alcune belle spiagge, di cui una è particolare ed è la penultima prima del marina di Punta Aldìa dove termina il nostro percorso. Una trentina di anni fa ci arrivai via terra attraverso piste sconnesse da spaccare la coppa dell'olio ( oggi pure ), e mi trovai davanti ad una vista incredibile: una grande insenatura, una spiaggia bianchissima, lunga e stretta con colori da Mari del Sud e un fondale talmente basso che ancora a 60/80 metri dalla riva si "tocca". Nessuna traccia umana, nessuna casa: il paradiso terrestre. Alla fine vedo un pastore e gli
domando come si chiama il posto, ma mi farfuglia un nome incomprensibile. Tornato a casa racconto agli amici e dico: "mi sembrava di essere a Tahiti! " e da allora il posto è conosciuto da tutti come Tahiti, e solo ora comincia, ma a stento, a farsi strada il nome indicato sulle carte e cioè
Porto Brandinghi. Purtroppo man mano è stato scoperto da tutti e la spiaggia è talmente affollata da essere quasi impraticabile; il Comune di San Teodoro ha pensato bene di mettere un ticket per l'accesso. Fortunatamente tutto intorno è zona demaniale rimboschita e non si può costruire nulla. Scusate la digressione.
Passata Tahiti si vede l'ultima spiaggia il cui nome è Lu Impostu e poi appare il Marina di Punta Aldìa, il cui accesso è guidato da boe che vanno seguite con attenzione perché intorno ci sono i soliti scogli. Con mare di scirocco penso che l'entrata presenti qualche difficoltà in più. Il marina è piccolo, ma poco invasivo sull'ambiente perchè in parte ricavato da un'insenatura naturale, e permette di rifornirsi di acqua e carburante. Vicino ci sono caffè, un ristorante ed un supermercato. Il villaggio è molto bello, costituito prevalentemente di villette, con un bell'albergo e vi si trova uno dei tre campi da golf della Sardegna, gli altri sono quello del Pevero a Cala di Volpe già da me ricordato e Is Molas nella zona di Cagliari.