Scusate se poco .... ma siamo agli inizi di roberto Zavadlav
Mi sembra trascorso un secolo dalla mia prima esperienza in barca a vela, quando,
tra una crisi di mal di mare e l'altra, ho giurato a me stesso che mai e poi mai ci avrei più rimesso piede.
Infatti, dopo qualche anno, spinto dalla curiosità, ho iniziato il corso alla lega navale di Torino per
il conseguimento della patente nautica senza limiti. Da qui all'insana idea di avere un piccolo cabinato tutto
per me per affrontare ciò che le lezioni di teoria mi facevano anelare, il passo è stato breve.
Ora non potrei più farne a meno e la mente è sempre rivolta a qualche
progetto, qualche lavoro e a qualche miglioria per rendere la navigazione e la vita di bordo più piacevole.
Quest'anno io e Patrizia (la mia compagna), abbiamo fatto la nostra prima esperienza di vacanze lunghe in una barca.
Partiti da Torino, con la nostra piccola vela a rimorchio, siamo giunti a Hyeres, dove l'abbiamo armata per la
nostra prima grande avventura.
Il 4 settembre partiamo da Hyeres alla volta dell'isola di Porquerolles che scorgiamo
verso sud all'orizzonte. Ci accompagna un bel vento al traverso e la prudenza e il timore del neofita, mi suggeriscono
di issare il fiocco piuttosto che il genoa. Scelta ben fatta perché il vento più al largo rinforza
un po' e per contro la mia esperienza non è ancora molto vasta.
Arriviamo all'isola in poco più di un'ora (che traversata!!!) e al porto di Porquerolles riusciamo a trovare
un ormeggio grazioso tra gente simpatica. Un giro a piedi per il porto conferma il nostro solito primato. Anche
qui, il nostro è sempre il cabinato più piccolo del porto. 5 metri e mezzo per una vacanza di 20
giorni… Resisteremo?
Il giorno successivo, sull'onda dell'entusiasmo, decidiamo di affrontare il periplo dell'isola. Partiamo quindi
con un bel gran lasco verso Point de Medes, quindi giù a sud con un bel traverso e poi….. bolina.
Qui scopro che qualcosa sulla barca è ancora mal regolato o da modificare. L'angolo morto è troppo
grande, non si riesce a stringere di più il vento e guadagnare acqua in un tempo tale (è già
tardi) da garantirci la realizzazione "dell'impresa".
Patrizia dopo un po' di bordi comincia a patire il freddo. In breve ci troviamo su due posizioni differenti. Io,
contento dell'esperienza, lei scontenta del freddo e di non aver nemmeno potuto ancora fare un bagno. Insomma,
decidiamo di tornare indietro. La serata passata in rada con il tramonto, un buon vino e un piatto fumante, ci
fanno immediatamente dimenticare gli screzi.
Nei giorni seguenti esploriamo l'isola, addentrandoci nelle varie rade e baie che la caratterizzano.
Durante una di queste occasioni sperimentiamo la discesa in acqua di Patrizia. Già, non l'avevo detto. Patrizia
è paraplegica per un incidente avuto molti anni prima. La nostra paura era quindi che la vita in barca potesse
in qualche modo scontrarsi con questa realtà, ed è stata una sorpresa continua, scoprire che nulla
di ciò che si presentava, costituiva un vero impedimento ma solo un problema da risolvere con un pizzico
di fantasia.
L'entrata in acqua era uno di questi. Forse il più grosso. Comunque sia quello che più ci preoccupava.
La prima volta, abbiamo affrontato l'entrata in modo laborioso. Abbiamo accostato a poppa il piccolo tender. Abbiamo
poi messo la scaletta della barca tra quest'ultima e il tender a mo' di scivolo. Sopra la scaletta abbiamo legato
un materassino. Insomma, il tutto sembrava un po' il sistema di evacuazione che usano gli aerei negli ammaraggi
di emergenza.
Comunque sia, il problema bagno era superato… si, ma in modo un po' laborioso!
Uno… due bagni al giorno lo giustificavano… ma non di più… con tutte le cose da montare e da smontare ogni
volta…
Un po' sconsolati ci apprestiamo a rimontare il tutto per un secondo bagno in un'altra rada quando ci viene in
mente che potremmo utilizzare semplicemente la scaletta. Come?
Faccio salire Patrizia a cavallino, e poi, con lei sulla schiena scendo dalla scaletta.
In tutto… una decina di secondi.
L'ultimo grosso problema è superato. Come al solito, diventa un'altra occasione per festeggiare. Cena con
birra in abbondanza. Felici e ubriachi ci addormentiamo, pensando a tutte le esperienze che ancora ci attendono.
Il 10 settembre lasciamo con un po' di tristezza la nostra isola alla volta di Port Cros.
Un vento un po' variabile ci permette di fare il primo tratto al traverso sperimentando lo spi. Patrizia, vedendo
la nostra fatica nel gestire questa vela "simpatica, bizzarra e sensibile" e le attenzioni costanti che
questa richiede, ci si identifica subito, tanto da rattristarsi moltissimo quando, cambiando la direzione del vento,
siamo costretti ad ammainarla per alzare al suo posto il genoa e continuare di bolina larga.
Port Cros si rivela subito, per dirla alla francese, "tre volte" più affascinante e selvaggia
di Porquerolles.
Nel suo porticciolo conosciamo un vagabondo del mare che naviga da 40 anni con la sua fedele e vecchia barca a
vela. Lui e la barca hanno la medesima età: 68 anni e sono in giro per l'Europa e per il Mediterraneo da
una vita nel vero senso della parola.
Quest'isola segna la fine della prima parte di queste splendide vacanze.
All'indomani infatti ci attende la lunga traversata di ritorno a Hyeres, da dove, con barca a rimorchio, è
nostra intenzione raggiungere La Ciotat per visitare le meravigliose Calanques di Marsiglia.
Oramai io e Patrizia ci sentiamo come dei "vecchi marinai" ed affrontiamo la navigazione da La Ciotat
a Cassis con gli occhi tenuti socchiusi per i riflessi del sole e fissi sull'orizzonte e sul capo da superare…
A Cassis, sebbene sia finito da un pezzo il pienone estivo, è difficile trovare un posto al transito e l'unico
trovato ci costa un patrimonio.
Decidiamo quindi per i giorni successivi, di trovare riparo, di volta in volta, nei ridossi naturali che le calanques
circostanti ci offrono.
La prima esperienza di notte in rada la facciamo alla Calanque d'En Vau, un bellissimo calanco con falesie verticali
a picco sul mare, dove i free climbers si allenano in continuazione e da dove sovente, per qualche presa mancata,
si tuffano nel limpidissimo mare sottostante.
Nei giorni successivi visitiamo le altre calanques e le isole che fronteggiano Marsiglia. Non mancano le occasioni
per qualche incontro acquatico. Una sagoma in lontananza per 3 volte spicca salti nell'acqua sollevando grossi
spruzzi… un delfino?
Un'altra volta un pesce volante attraversa lo specchio di mare antistante rientrando in acqua dopo un volo radente
di una cinquantina di metri. In quest'occasione mi sono tornate in mente le righe di Moitissier in cui al mattino
svegliandosi, li trovava in coperta quasi pronti per il pranzo della giornata.
Un pomeriggio tardi al largo scorgiamo un tratto di mare agitato da spruzzi. Nello stesso tratto numerosi gabbiani
si tuffavano eccitati. Sarà stato un branco di tonnetti? Agli esperti le deduzioni.
Il 16 settembre, la notte prima della partenza, il mare ci saluta manifestandoci
la sua maestosità.
Rientrando, cerchiamo un posto sufficientemente riparato per passare una notte all'ancora. Purtroppo altri velisti
più previdenti di noi hanno occupato i posti migliori. La calanque du Port Pin è troppo poco protetta,
quella d'En Vau è praticamente piena di barche alla fonda sino all'ingresso e a noi non resta che un angolino
mediamente riparato nella calanque di Port Miou.
Ci prepariamo quindi per la notte. Presto ci accorgiamo però che il vento si infila comunque nella calanque
facendoci brandeggiare violentemente sotto le raffiche. Terrà… non terrà l'ancora? Nel dubbio, porto
il sacco a pelo in pozzetto e mi preparo ad una notte di veglia ad osservare i riferimenti fissi della scogliera
troppo vicina.
Tra una raffica di vento e l'altra, un breve pisolino, interrotto solo da Patrizia che da dentro, con tempismo
perfetto, mi sveglia per chiedermi se va tutto bene. Anche lei non riesce a chiudere occhio per i violenti strattoni,
la moltitudine di scricchiolii causati dalla linea d'ancoraggio e dagli sbattimenti delle drizze contro l'albero
sotto ogni raffica.
Finalmente arriva il mattino e con questo anche il vento si placa. Approfittiamo della tregua per chiudere un po'
gli occhi e riposarci in vista del trasferimento che poche ore dopo ci vede scapolare Cap Canaille con un vento
di poppa forza 6, per arrivare infine a La Ciotat, dove con tristezza trovano conclusione queste nostre splendide
vacanze.
Complessivamente è stata una esperienza molto positiva. Il problema dell'handicap in barca è meno
pesante che nella vita di tutti i giorni, a patto che in barca siano presenti "validi aiuti". C'è
da dire però che il periodo non coincideva con quello delle vacanze classiche.
Ma cosa sarebbe successo se tutto questo fosse avvenuto in Agosto? Una imbarcazione di persone "fisicamente
abili" può ormeggiare in qualsiasi modo, anche alla francese, e se non trova posto in banchina può
ormeggiarsi ad un corpo morto, senza troppi disagi per l'equipaggio. Se però a bordo c'è una persona
disabile, le problematiche sono un po' più complesse. Nasce l'esigenza di poter sbarcare facilmente ed in
ogni istante. L'ormeggio deve poi poter essere effettuato tenendo conto degli adattamenti della imbarcazione per
lo sbarco della persona disabile.
Francamente non so se esistano facilitazioni a riguardo, ma sarebbe opportuno, così come in città
ci sono dei parcheggi riservati ai disabili, che anche nei porti ci fossero dei posti d'ormeggio "raccomandati"
(non riservati perché sarebbe assurdo tenerli liberi nel caso non si presenti la necessità), in modo
che anche in alta stagione, quando l'affollamento è elevato, un disabile abbia la possibilità di
vivere la vela come qualsiasi altro individuo.