Al Largo di Bianca

Mia figlia l'anno scorso ha frequentato un corso di vela-natura organizzato a Domaso (Alto lago Como) dal WWF e Horca Myseria. Le barche erano Caravelle, all'inizio i bambini (8-11 anni) uscivano sempre con un istruttore a bordo, ma poi hanno acquisito una certa autonomia. A terra erano seguiti anche da una animatrice, che organizzava giochi e teneva molto alto lo spirito del gruppo.
Mia figlia si e' divertita, ma bisogna dire che in barca c'e' sempre andata, praticamente da quando e' nata. Velicamente ha imparato molto, perche' era motivata, ma anche quelli che non avevano mai provato si sono divertiti, e qualcosa hanno capito, se non altro la sicurezza:-)


Prendere il Largo

La barca celeste si stacca dal molo. Scivola veloce e sicura sull'acqua calma. Intorno a me l'assolata inoperosita' della domenica pomeriggio. Windsurf stesi sulla riva. Tre signore in costume chiacchierano sullo scivolo di cemento, con i piedi in acqua. I soliti sfaccendati, appoggiati al parapetto, guardano le barche uscire o rientrare. Criticano le manovre lanciandosi l'un l'altro sguardi di intesa, indossando l'aria di chi avrebbe saputo fare molto meglio. La brezza leggera accarezza la mia pelle abbronzata troppo in fretta, ma e' un refrigerio ingannevole.
-Mamma, vorrei sistemare un po' la mia camera.
Non ero sicura di aver capito bene. Riordinare "spontaneamente" quella specie di retrobottega di rigattiere che per abitudine continuavamo a chiamare camera di Martina?
Arrivata all'altezza del frangiflutti, la piccola randa passa e la barca celeste accosta a sinistra. La manovra ha solo una lieve incertezza, poi riprende la sua rotta. Non lontano, un uomo con la muta e le bombole sta per immergersi. Siede sul bordo di un gommone, dando le spalle all'acqua. Tenendo una mano sulla maschera, si rovescia all'indietro e sparisce tra gli spruzzi.
Guardavo la fila di scatoloni allineati in corridoio. Bambole, peluche, mobili in miniatura. E poi piattini, pentoline, una cucinetta completa, perfino il cavallo a dondolo.
-Marti, ma sei sicura di voler dare via tutta questa roba?
Mia figlia mi sorrideva bonariamente, con la pazienza di quello che spiega a chi non vuol capire:
-Ne ho tenute quattro, le mie preferite. Per ricordo. E' tanto che non ci gioco piu'. Il cavallo lo passo a Mario.
Cammino sulla banchina, per seguire la barca celeste che costeggia il frangiflutti. Martina timona bene, ci ha gia' preso la mano. La sua scia la segue bella dritta, pulita. Eppure ha visto l'Optimist per la prima volta solo un'ora fa. Ha esaminato le semplici manovre, abbiamo nominato insieme i pochi pezzi che ne compongono l'armamento. C'e' una sola vela, grande quanto una tovaglia: ha una strana forma irregolare, con un albero cosi' corto da sembrare finto; la deriva e' una tavola da inserire in una fessura, che mi ricorda quelle scatole dove i prestigiatori fanno sparire le ragazze, e poi ci infilano assicelle da ogni lato, per dimostrare che non c'e' trucco. Il timone e' un altro pezzetto di legno incernierato fuori dallo specchio di poppa, e lo scafo poco piu' che una cassetta della frutta: sembra la vaschetta dove le facevo il bagno. Ci sta dentro giusto un bambino, da solo.
Avevo riempito la macchina di scatoloni. Col caldo e la fatica, non pensavo neanche a quello che facevo. Poi, il ragazzo che mi aveva aiutato a scaricare alla Cooperativa aveva fatto tanto d'occhi, ghiotto, e non finiva piu' di ringraziarmi.
Facendomi schermo con la mano, la sorveglio da lontano, strizzando un po' gli occhi per la luce (e per la miopia). Sta entrando nella caletta dei gavitelli. La vela ben regolata, sfrutta le raffiche per risalire il vento. Evita le barche ancorate, bordeggia veloce, come se non avesse mai fatto altro nella vita. Mi accorgo che sto mormorando:
-Si, dai, brava. Adesso! Pronta a virare? Vira! Bene, tira il bordo ancora un po'. Brava, vai cosi'…
Un signore, incuriosito, si mette a fissare anche lui nella mia stessa direzione. Mi verrebbe voglia di dirglielo. Ma invece tiro dritta: meglio di no.
Me ne ero resa conto solo tornando a casa, la macchina svuotata. La mia bambina. Quello fagottino di due chili e poco che mi aveva guardata negli occhi, all'eta' di cinque minuti, lasciandomi intontita dallo stupore.
Meno male che ero sola, cosi' non dovevo spiegare a nessuno le lacrime che mi venivano giu' a goccioloni, appannandomi gli occhiali. Potevo anche singhiozzare ad alta voce, protetta dall'intimita' della mia auto. E avevo tutto il tempo di ricompormi, prima di arrivare.
Rasenta il pontile, con la mano libera dal timone fa un saluto. Anch'io agito il braccio. Ha imparato proprio bene. Da suo padre, da me, dagli amici. Ha fatto il suo tirocinio, uscendo con noi e con gli altri bambini. La vela e' un gioco. Lo e' anche per me. Ma in solitario e' un'altra cosa. Quando sarai sola sulla tua barca, nessuno ti dira' quello che devi fare.

Martina si volta verso di me. Io annuisco, e le faccio un gesto con il braccio, enfatico, teatrale, per indicare il mare aperto. Riesco ad immaginare il suo sorriso. Poi fa un'altra virata, e dirige verso il largo.

Domaso, 29 luglio 1998