IL SIGNOR FUSPETTO
di Nunzio Platania




Aveva una bellissima Stag 29, ma era negato per la vela.
L'aveva comprata due anni prima, dopo aver partecipato come occasionale membro di un agguerrito equipaggio che quella volta aveva vinto una combattutissima regata di circolo.
Lui ne era uscito così elettrizzato che aveva deciso di farsi un nome come armatore di una barca da riempire di coppe e di medaglie.
E quindi, sfidando le ire della moglie che si era vista per questo sfumare il promesso viaggio in America per visitare la zia, aveva comprato quella che gli veniva indicata come una strepitosa barca, ideale per le competizioni.
Ma fin dall'inizio a lui abituato alle uscite motorizzate del suo precedente natante, quella cosa che si coricava sull'acqua con un poco di vento e che gli schizzava sotto improvvisamente, lo faceva spaventare assai. Appena la barca sbandava un poco, si rabbuiava tutto e tirando fuori le sue prerogative di armatore, ordinava al suo amico Zuzzù che pazientemente cercava di insegnargli qualcosa, di ridurre tutta la vela e la barca poverina rendeva meno della metà delle sue possibilità. Fu cosi che in due anni di uscitine con Zuzzù con imparò niente.
Venne l'autunno e ricominciò il campionato del circolo. Ma Zuzzù non ne poteva più del suo pavido amico e l'aveva mollato. Fuspetto iscrisse la sua barca al torneo e ingaggiò due bravi ragazzi, future promesse della vela che naturalmente amavano andare forte; ma con quel fanfarone che comandava come un negriero durante le bonacce e si tesava come corde di violino appena oltre i dieci nodi di vento, già durante i cosiddetti allenamenti, cominciarono a stufarsi.
Tutte le gare che si susseguivano quasi settimanalmente a causa della solita fifa che lo prendeva ogni volta che si doveva veleggiare sul serio, lo vedevano regolarmente arrivare fuori tempo massimo, oppure ritirato dall'agone accampando scuse di inesistenti avarie o improvvisi inventati malori del suo giovane equipaggio. Il quale scocciato e umiliato da quel comandante fifone e bugiardo, lo mollarono nel bel mezzo del campionato e Fuspetto si trovò solo e senza alcuna speranza di potere rimpiazzare la squadra.
Ormai si era fatta la fama di uno negato per le arti veliche e i sorrisetti dei suoi amici al circolo quando cercava di giustificare i suoi vergognosi ritiri, erano divenuti insostenibili.
Per non parlare della moglie che affondava la lama nella ferita del marito e non aveva mai mancato l'occasione, tutte le volte che lo aveva visto partire per le regate baldanzoso e tornare con le pive nel sacco, di sfotterlo impietosamente.
La signora sapeva già da un pezzo che il suo consorte era un pisciasotto e per giunta con lei non funzionavano neppure le solite scuse, per cui il nostro era ormai rassegnato ogni volta a sorbirsi i soliti sarcastici commenti sulle sue velleità veliche e soprattutto i rinfacciamenti sulla faccenda del viaggio in America che la moglie non aveva proprio mandata giù.
È in questo contesto di rovinosa caduta della sua immagine che il sig. Fuspetto cominciò a ruminare una rivalsa in grado di farlo risalire di un po' di punti nella considerazione degli altri e anche nel punteggio sotto zero del campionato di vela.
Bisogna sapere che Fuspetto era un ottimo elettrotecnico, che prima faceva l'installatore di cancelli automatici, poi si era meglio sistemato prendendo una rappresentanza di motori elettrici industriali e quindi disponeva di una discreta preparazione tecnica sull'argomento.
Era successo che rovistando nei cataloghi delle ditte di export del suo settore, un giorno aveva scoperto l'esistenza di un favoloso motore elettrico a 12 volt, in grado di erogare potenze nell'ordine di 3kw, che veniva prodotto a Singapore per conto della Nasa e che veniva montato nientepopodimenoché sulle basi spaziali per puntare i radiotelescopi verso le galassie lontane. Piccolo, robusto, potente, ma – ahimè - anche costosissimo.
A Fuspetto venne l'idea luminosa.
Ebbe la certezza che montato di nascosto sulla sua barca avrebbe d'un sol colpo risolto tutti i suoi problemi esistenziali. Niente fumo, niente raffreddamento ad acqua, silenzioso; chi avrebbe mai potuto immaginare che la sua barca durante una regata fosse spinta anche da un motore mentre - pregustando già la scena - con tutte le vele a riva, superava agevolmente tutti gli altri concorrenti!?
Più ci rifletteva sopra più l'idea lo convinceva; a trafficare con la meccanica se la sentiva e quindi, dopo aver concordato con la sua banca una sconvolgente scopertura di conto bancario, ordinò a Singapore il suo motore astrale.
Appena quella meraviglia di ingegneria spaziale fu arrivata, progettò idonei attacchi al vano motore, fece fare al tornio una serie di flange per l'attacco all'asse dell'elica, costruì con le sue mani un telecomando con reostato elettronico per controllare la potenza, ma soprattutto si svenò ulteriormente comprando otto batterie al ciano-carburo, ultimo brevetto americano, leggerissime e in grado di dare 250 ampère per otto ore di fila.
Dopodicché portò la barca in cantiere con la scusa di una revisione al motore diesel che quindi fece portare in officina. Lavorando nottetempo, da solo, in gran segreto, montò tutto sul suo Stag, curando attentamente, attraverso apposite paratie, che tutto fosse ben fuori dalla vista di curiosi.
Quelli del cantiere furono un po' perplessi quando chiese di varare la barca senza il motore diesel, ma lui dichiarò che non voleva perdere la regata prossima e che tanto nelle regate il motore non serviva; e ci guadagnò pure l'ammirazione del titolare che vide in lui uno sportivo puro.
Appena fuori dalla vista il nostro accende l'interruttore segreto della sua mirabolante invenzione e - meraviglia ! - senza rumore, senza vibrazioni, la sua barca comincia a scivolare sull'acqua come per magia.
Arcifelice il sig. Fuspetto si guardò bene d'accelerare per non dare nell'occhio e si avviò, accertandosi prima della totale assenza di esseri umani nei dintorni, quatto quatto verso il suo posto d'ormeggio al pontile del circolo.

La domenica successiva sesta regata del campionato del circolo.
Fuspetto non aveva chiuso occhio tutta la notte precedente, per cui fu uno dei primi ad arrivare al circolo quella mattina. I rari amici che incontrò non ebbero neppure animo di sfotterlo come al solito sapendo che era stato abbandonato dal suo equipaggio.
Solo uno, più educato degli altri, gli chiese se aveva ancora l'intenzione di partecipare. E lui, con l'aria più dimessa che gli riuscì di simulare gli rispose che sì, ma solo per fare un'uscitina, senza pretese... tanto da soli non c'è piacere...
Fuspetto armò le vele e con largo anticipo si spostò già sul campo di regata.
Più tardi, si guardò bene dal tentare ingaggi sulla linea di partenza, anzi si defilò verso le ultime posizioni e quando fu data la partenza, lasciò passare tutti gli altri concorrenti e dopo che si fu ben rassicurato di non avere nessuno alla spalle, accese il suo congegno siderale.
Di bolina, col vento apparente che i suoi cinque nodi di vela elettrica gli fornivano, cominciò man mano a rimontare con nonchalance qualche posizione, e, senza strafare, si ficcò in mezzo alle posizioni intermedie dove, calibrando opportunamente la corrente del motore, aspettava l'ultimo bordo per darsi al balzo finale.
Intanto assaporava gli sguardi un po' compiaciuti un po' perplessi delle barche che aveva attorno, pregustando la sonora vendetta per tutti gli smacchi subiti che stava per ottenere.
Ultimo bordo: adesso di poppa. Davanti a lui quattro barche che si affrettarono dopo la boa a mettere lo spi con il quale adesso procedevano gagliarde aumentando il vantaggio su di lui che adesso controllava attentamente affinché randa e genoa restassero sufficientemente piene di vento nonostante la spinta del motore. Benché la distanza continuasse ad aumentare e il nostro esita a dare tutta corrente.
Era già una vittoria trovarsi in quella prestigiosa posizione, ma il sig.Fuspetto fù preso ad un certo punto come da una strana vertigine da vittoria assoluta, senza compromessi, e dal telecomando scattò l'ordine di 200 ampère.
La barca ebbe un innaturale guizzo in avanti, il leggero brusìo del motore salì appena di volume, la vela a prua prima si afflosciò poi prese vento al contrario, ma al sig. Fuspetto non parve in quel momento cosa rilevante il fatto che le vela, adesso a collo, opponesse una resistenza passiva a quell'avanzamento innaturale e illogico, e quindi frecciò, nonostante tutto, a lato della quarta, poi della terza barca.
La febbre della vittoria aumentava di un grado centigrado ad ogni barca sorpassata e quando superò anche la seconda toccò il limite supremo; fatto che generò nel nostro il sublime impulso a portare sull'ultima tacca il reostato del telecomando: i 250 ampère scaricarono tutta la loro energia sui rotori del siderale cavallo nascosto. La barca adesso procede alla stessa velocità del vento apparente contrario al moto di avanzamento, ma la temperatura corporea del sig. FusPetto non consente riflessioni di sorta mentre raggiante e bruciante affianca la battagliera sua ultima concorrente.
Ad un paio di metri dalla suprema gloria, un fumo azzurrino cominciò a levarsi fuoruscendo dal pozzetto, un rantoloso urlo di vittoria sta per uscire dalla gola dell'eroe, quando inaspettatamente, sotto gli occhi della giuria, il sig. Fuspetto si afflosciò sulla barra, la quale, come se volesse di propria volontà ripristinare le leggi della fisica, inverte il senso di marcia della barca che, schizzando nella direzione opposta, riporta lo svenuto nei ranghi dei perdenti donde era partito.
Una corvetta della Marina Militare fu mandata a recuperare quella stranissima imbarcazione che con le vele sventate si era diretta verso il largo continuando imperterrita per altre sei ore. Quando si affianco all'oggetto, adesso immobile a 20 miglia della costa, i militari non seppero spiegarsi il comportamento di quel signore febbricitante e sorridente che reggeva, tenendolo alto a mò di coppa, un bugliolo di plastica.
Quando il sig. Fuspetto, dimesso dall'ospedale dove era stato ricoverato in grave stato confusionale, ritornò nel suo ufficio, trovò una lettera, già tradotta in italiano, della ditta fornitrice delle batterie al ciano-carburo, nella quale si precisava che al massimo assorbimento le medesime erano soggette ad una emanazione di gas dagli effetti esilaranti, che producevano stati di ebbrezza con sintomi di confusione mentale ed esaltazione psicotropa.
Il sig. Fuspetto non ebbe bisogno di mentire quella volta; si, era stato proprio per un malore che aveva dovuto abbandonare la regata ad un metro della vittoria: a mentire furono invece i suoi amici che pietosamente si rammaricarono con lui per la sfortuna che aveva avuto.



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